Napolitano e il CeSPI

di 
Piero Fassino

Nel 1978 Giorgio Napolitano propone a Enrico Berlinguer di dare vita a un centro studi di politica internazionale che funga da luogo di elaborazione, di relazioni e di iniziative politico-culturali sulla politica estera. Una proposta che si situava pienamente nella strategia di ridefinizione di identità e di posizionamento politico che il PCI persegue negli anni ‘70, in una stagione politica segnata anche in Italia dalla spinta al cambiamento suscitata dal ‘68 studentesco e operaio.

Una domanda di cambiamento che si esprime, oltreché in vasti movimenti sociali, in passaggi elettorali che ridisegnano la geografia politica italiana. Il referendum sul divorzio (1974) segna l’avvio di un ciclo elettorale che vede una crescita costante dei consensi al PCI, principale partito di opposizione. Nel biennio ‘75/‘76 il PCI si afferma come primo partito in tutte le grandi città italiane. L’anno successivo nelle elezioni politiche del 1976 raggiunge il suo massimo esito elettorale con il 34,37%, insidiando il primato della DC. Esito che porta alla formazione di un governo monocolore democristiano sostenuto da una maggioranza parlamentare di cui fanno parte anche i comunisti. È una svolta storica: il più grande partito comunista dell’occidente entra nell’area di governo, ponendo fine alla conventio ad excludendum che a lungo aveva costretto il partito al ruolo di opposizione.

In quel contesto il PCI si pone l’obiettivo di dotarsi di una elaborazione politica e programmatica all’altezza delle nuove responsabilità. E così, a fianco del Centro Studi di Politica Economica (Cespe) fondato qualche anno prima su impulso di Giorgio Amendola, nasce un sistema di think-thank: il CeSPI sulla politica estera, il Centro Riforma dello Stato sulle istituzioni, l’Istituto Gramsci per la ricerca storica.

Nasce così il CeSPI che sotto la guida di Giorgio Napolitano riunisce un gruppo di intellettuali e esperti di politica internazionale, da Romano Ledda a Giuseppe Boffa, da Adriano Guerra a Giuliano Procacci, da Sergio Segre a Silvano Andriani, da Antonio Rubbi a Carlo Galluzzi - e con loro alcuni giovani come chi scrive - divenendo ben presto il luogo di elaborazione delle scelte strategiche con cui il PCI acquisisce il profilo di partito di sinistra ispirato dai valori democratici occidentali: il valore universale della democrazia, il riconoscimento della NATO, l’assunzione dell’Unione europea come spazio strategico, l’avvicinamento alle socialdemocrazie europee, l’uscita dalla sudditanza a Mosca.

Il CeSPI è non solo il luogo di elaborazione delle proposte del partito sui temi internazionali, ma anche la cabina di regia di un’ampia rete di relazioni con la sinistra europea e mondiale, a partire dal campo socialdemocratico. Di fronte all’obiettiva difficoltà di incontri ufficiali tra un partito comunista e partiti socialdemocratici, il CeSPI - che in quanto centro studi ha un profilo più culturale - diviene il luogo dove i dirigenti comunisti si incontrano con Peter Glotz, Horst Ehmke e Egon Bahr dell’SPD, Felipe González del PSOE, François Mitterrand, Michel Rocard e Pierre Mauroy del Partito Socialista francese, Heinz Fischer dei socialdemocratici austriaci, Neil Kinnock dei laburisti inglesi, Pierre Schori dei socialdemocratici svedesi.

Così come il CeSPI è il luogo per i primi contatti con esponenti democratici americani e di altri continenti, a partire dalla nuova sinistra latinoamericana di Lula, dei leader cileni Viera-Gallo e Ricardo Lagos, dell’uruguayano Tabarez Vasquez, del Presidente argentino Raul Alfonsin.

Questo intensa attività e l’autorevolezza acquisita dal CeSPI convincono Napolitano della necessità di un salto di qualità che trasformi il CeSPI da think-thank di partito in un Centro studi indipendente e dotato di personalità propria.

Nasce così la “seconda fase” di vita del CeSPI che nel 1985 si trasforma in Associazione privata no profit, fondata su una base di soci individuali e di partner culturali, sociali ed economici.

Anche in quella nuova fase Giorgio Napolitano esercita una guida morale e politica che indirizza il CeSPI nei nuovi compiti, favorendo via via l’affermazione una nuova dirigenza del Centro, con Marta Dassù, José Luis Rhi-Sausi, Daniele Frigeri. Una preziosa e costante opera di tutore morale e politico che il CeSPI gli riconobbe conferendo a Napolitano nel 2017 il titolo di “socio d’onore”.

È il CeSPI che con una quarantennale presenza è arrivato fino a noi, con una densa attività - ricerca scientifica, analisi geopolitica, formazione, iniziative editoriali - qualificandosi come uno dei principali enti internazionalisti italiani.

Ed è dunque con la consapevolezza di quanto il suo pensiero e la azione sua abbiano contribuito all’identità e alla vita del CeSPI, che rivolgiamo a Giorgio Napolitano un pensiero di immensa gratitudine.