Implicazioni istituzionali nella nuova fase dell’Europa nell’attuale contesto geopolitico

Alfredo De Feo
Docente all'European College of Parma e Fellow all'European University Institute di Firenze

Molte delle proposte fatte nel quadro dell’ampio dibattito sul Futuro dell’Europa sottolineano la necessità di una maggiore integrazione europea, con ulteriore cessione di sovranità dagli Stati alle Istituzioni europee. L’articolo di Giorgio Benigni, che ispira questo Forum, presenta, in modo più neutro, le quattro sfide che aspettano l’Europa nei prossimi anni. Il mio modesto contributo vuole portare qualche riflessione al primo sentiero indicato da Benigni: Democrazia e valori europei, diritti e Stato di diritto, sicurezza.

Le emergenze degli ultimi tre anni hanno prepotentemente portato alla ribalta la necessità di più Europa. La decisione di fare debito comune, autorizzando la Commissione a raccogliere risorse sui mercati dei capitali è stato il maggior passo avanti per l’integrazione europea dagli anni ’80, quando Delors propose, con la creazione del Mercato unico, di rafforzare il sostegno strutturale alle regioni più svantaggiate, il tutto accompagnato da una programmazione finanziaria pluriannuale. L’opinione pubblica percepì una visione ed una direzione per la costruzione dell’Europa. Lo stesso avvenne più tardi con la creazione dell’Euro.

Parallelamente oggi, sotto la spinta del mutato scenario geopolitico, obiettivi come il Green Deal, i Piani di Ripresa e Resilienza, l’avvio di una politica comune in ambito sanitario, energetico, militare ed industriale possono costituire il rilancio di un’idea di Europa che da statica diventerebbe dinamica.

La necessità di una nuova dimensione di Europa avviene quindi con la consapevolezza della necessità per tutti gli Stati dell’Unione Europea di darsi una nuova visione per costruire una sovranità strategica europea, che potrebbe mantenere e sviluppare un ruolo di protagonista nello scacchiere mondiale.

In questo contesto, pongo due questioni: 1) con quale governance L’Europa può affrontare questa nuova fase?  2) Come l’opinione pubblica europea può essere maggiormente coinvolta nella costruzione europea?

  1. Governance europea: metodo comunitario o intergovernativo.

Molte delle proposte avanzate nella Conferenza sul Futuro dell’Europa implicano una modifica dei Trattati. Se si guarda al passato, raramente i Trattati hanno introdotto delle vere e proprie novità, soprattutto sul piano istituzionale e della governance, ma nella maggior parte dei casi hanno formalizzato modifiche già introdotte sul piano informale, spesso attraverso atti di soft law. Quindi la speranza che i Leader europei siano pronti a lanciare una Convenzione o Conferenza Intergovernativa, con quello che comporta in termini di ratifica da parte dei Parlamenti Nazionali, sono piuttosto limitate anche a voler essere ottimisti.

Se guardiamo invece al passato recente, sono stati messi in moto, nei fatti, dei meccanismi di riforma, che hanno permesso all’Europa di accelerare il processo di integrazione. Questi meccanismi hanno purtroppo abbandonato il metodo comunitario ed hanno sviluppato metodi di gestione intergovernativi.

Se si osserva da vicino lo strumento finanziario dell’UE che traduce in realtà le ambizioni europee si vede che attorno al bilancio tradizionale, la cui dimensione è rimasta invariata da oltre 30 anni, (1% del PIL Europeo), si sono sviluppati una serie di satelliti che formano la galassia delle finanze europee (termine usato per la prima volta nel rapporto finale del Gruppo sulle risorse proprie, presieduto dal Prof. Mario Monti).

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Si veda lo Studio THE NEXT REVISION OF THE FINANCIAL REGULATION AND THE EU BUDGET GALAXY, @ infographic pag.77

Nel corso degli ultimi dieci anni è stato progressivamente modificato il modo di utilizzare il bilancio europeo. Solo per citare alcuni esempi, il bilancio europeo è passato da strumento diretto al finanziamento di politiche europee a strumento di garanzia, offerta a organismi terzi, in particolare la BEI per raccogliere prestiti sul mercato da riversare ai beneficiari pubblici e privati. Questo strumento ha preso una dimensione importante con il programma Fondo Europeo per investimenti strategici (EFSI), il c.d. Piano Juncker, che ha permesso di moltiplicare i fondi a disposizione per 15, anche se i criteri di distribuzione erano più legati alla redditività dell’investimento che alle sue finalità pubbliche.

Altro nuovo utilizzo creativo del Bilancio, la partecipazione a Trust Funds con partner dei paesi terzi, gestiti al di fuori del quadro comunitario. Altre formule ibride si sono affiancate, dove il bilancio europeo contribuisce ad azioni fatti al di fuori del quadro comunitario come il Finanziamento dei Rifugiati in Turchia.

Se in un certo senso tali attività sono rimaste marginali fino al 2020 hanno assunto una nuova dimensione a partire dal 2020 quando il Consiglio Europeo ha utilizzato l’art. 122 del Trattato UE, che dà al Consiglio la facoltà di adottare misure, al difuori delle procedure ordinarie, adeguate alla situazione economica, in particolare qualora sorgano gravi difficoltà nell'approvvigionamento di determinati prodotti. Tale base giuridica è stata utilizzata per prendere iniziative fondamentali per l’integrazione europea, come il programma SURE ed il Next Generation EU.

Lo sviluppo di tali strumenti, fuori bilancio, sottolinea come il ruolo degli Stati Membri si sia rafforzato, ad esempio, il metodo intergovernativo si applica anche all’approvazione ed al monitoraggio della realizzazione dei programmi nazionali di Ripresa e Resilienza.

Quindi la governance europea, soprattutto dopo il 2020, è divenuta più intergovernativa. Il modello comunitario che ha permesso di sviluppare l’Unione Europea fino ad oggi è stato marginalizzato, ma bisogna prendere atto che modello intergovernativo ha permesso delle avanzate della costruzione europea che forse non sarebbero state possibili con il metodo comunitario.

Il modello comunitario di decisione deve restare il faro su cui dirigersi, ma se la tendenza intergovernativa dovesse ancora persistere, dovrebbero essere meglio definiti dei contrappesi istituzionali, checks and balances, in particolare il rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo, il che mi conduce alla seconda domanda come aumentare il coinvolgimento della opinione pubblica nella costruzione europea.

         2. Rafforzare la democrazia europea

L’architettura istituzionale europea prevede dal 1979 un Parlamento europeo eletto dai cittadini. Il Parlamento ha assunto, con il trattato di Lisbona, il ruolo di co-legislatore, sulla maggior parte della legislazione europea, a parità di titolo con il Consiglio. Nonostante questo, il PE è poco conosciuto (e forse poco amato) dall’opinione pubblica, tra i motivi che possono contribuire a questa disaffezione, ne citerò due, la cui correzione potrebbe rafforzare la democrazia europea.

i.  Una scarsa conoscenza del ruolo del PE e dei meccanismi decisionali europei. In Italia e negli altri paesi, il compito principale della maggioranza parlamentare è di sostenere il Governo, intervenendo nell’approvazioni delle proposte legislative, spesso marginalmente. In Europa la situazione è profondamente diversa in quanto non esiste un governo con una maggioranza definita, ma le maggioranze, sia in seno al Consiglio che al Parlamento, si creano di volta in volta sui singoli provvedimenti legislativ

La legislazione europea entra in vigore solo quando approvata dal Consiglio e dal Parlamento europeo. Per cui, per ogni atto legislativo si innesta un dialogo/negoziato tra PE e Consiglio che porta alla approvazione della legge o alla sua bocciatura. Questo meccanismo di maggioranze fluide è sconosciuto negli Stati nazionali e probabilmente difficilmente comprensibile alla maggioranza dell’opinione pubblica (ma molto chiaro ai cosiddetti gruppi di interesse che operano in Europa). Uno sforzo di comunicazione in questo senso aiuterebbe l’opinione pubblica a comprendere i meccanismi decisionali in Europa.

ii. Una mancanza di vere elezioni europee. Il Parlamento europeo non è eletto da un’elezione europea ma i Membri sono eletti da elezioni nazionali. La partecipazione alle elezioni europee è intorno al 50%, questo dato forse non è distante da quanto avviene in alcune delle elezioni nazionali; tuttavia, il problema principale è che non esiste una campagna elettorale europea e che i cittadini non vedono come il loro voto possa cambiare il corso delle decisioni europee.

Paradossalmente gli unici che riescono a mobilitare i propri elettori sono i partiti anti-europei, nazionalisti, che almeno hanno un obbiettivo chiaro: distruggere l’Unione Europea.

Le responsabilità di questa situazione sono molteplici, a cominciare dall’assenza di una legge elettorale uniforme. Ogni paese applica le norme nazionali: per esempio, in alcuni Paesi i cittadini scelgono direttamente i loro rappresentanti, mentre in altri esistono liste chiuse decise dalle segreterie dei partiti.

Altre cause della disaffezione sono imputabili ai partiti che svolgono sempre campagne elettorali in chiave nazionale. I timidi tentativi delle federazioni europee, cui tutti, o quasi, i partiti italiani sono affiliati, non riescono a catalizzare con i loro programmi l’attenzione dell’opinione pubblica.

Una legge elettorale uniforme ed uno sforzo dei partiti nazional di abbandonare la pratica di considerare le elezion europee come un referendum pro o contro il governo in carica potranno già contribuire a rafforzare il legame cittadini/PE. Altre soluzioni sono possibili come quello di presentare i candidati alla Presidenza della Commissione alle elezioni con un programma differenziato, in modo che il cittadino possa influenzare con il proprio voto la direzione dell’Europa, una sorta di primarie per individuare i possibili candidati Presidente, (Spitzenkandidate).

Altro modo per rafforzare il legame transnazionale delle elezioni, proposto dal PE, è la presentazione di liste transnazionali, si voterebbe con un doppio voto, uno per la lista nazionale ed uno per quella transnazionale.

Entrambe le ultime due proposte sono fortemente osteggiate dalla maggioranza degli Stati Membri, ma mentre le liste transnazionali necessitano un’approvazione del Consiglio all’unanimità, la procedura dello Spitzenkandidate è legata alla forza negoziale dei Partiti europei nel negoziato con il Consiglio.

 

Per concludere anche in campo europeo si vivono grandi cambiamenti e molta strada resta da fare. Trovare una visione unica ed una direzione sicura, con accordi all’unanimità non è facile e rischia di far prevalere l’immobilismo. Una riflessione approfondita sulla integrazione differenziata, prevista dai Trattati, ed usata solo in modo marginale potrebbe aprire nuovi inesplorati orizzonti per fare avanzare il progetto europeo.