Come liberare il potenziale della Migrazione per generare Sviluppo – Un approccio transculturale

Daniele Panzeri
IOM Italy

Migrazione, Integrazione e Sviluppo

L'approccio di OIM Italia su Migrazione e Sviluppo è stato presentato in un documento intitolato “Migrazione integrazione sviluppo - Rafforzare l'inclusione per promuovere lo sviluppo” (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, 2019, “Migrazione integrazione sviluppo - Rafforzare l'inclusione per promuovere lo sviluppo”, OIM, Roma), in cui vengono messi in luce gli aspetti e le relazioni complesse che ci sono tra questi tre elementi e in cui viene indicata l'integrazione come un percorso fondamentale, perché davvero la migrazione possa essere occasione di sviluppo, sia per i paesi di origine che per quelli di accoglienza.

Virtuose politiche di integrazione, infatti, non apportano benefici solo ai migranti stessi, ma anche alle comunità che li ospitano e alle società dei paesi di origine.

Ciò che è indispensabile chiarire è però quale sia l’approccio all'integrazione che consente di promuovere al meglio queste potenzialità.

Nel maggio 2008, in occasione dell’anno europeo per il dialogo interculturale, il Consiglio d'Europa ha lanciato il “White Paper on Intercultural Dialogue” con l'obiettivo di rispondere alle domande: “Come risponderemo alla diversità? Qual è la nostra visione della società del futuro? [..]” (Council of Europe, 2008, “White Paper on Intercultural Dialogue – Living together as equals in dignity”, CoE, Strasbourg, pg.3).

Sebbene sia un documento prodotto nel 2008, il “Libro bianco” è un lavoro ancora attuale, interessante e ben pensato che cerca di fornire elementi per immaginare una società del futuro inclusiva e consapevole del valore delle diversità. Il documento rappresenta forse uno tra gli ultimi importanti tentativi di affrontare la materia con un approccio di largo respiro, che non ha purtroppo avuto un seguito negli anni successivi e che è poi stato quasi del tutto silenziato da una narrazione e una retorica securitaria, che ha completamente travolto il dibattito appiattendo una materia articolata e complessa ad una questione di mera sicurezza o ancor peggio di minaccia identitaria.

La rimozione del tema della diversità ci ha fatto perdere più di un decennio e considerate le questioni presenti nel dibattito pubblico rischiamo di perderne ancora. È invece estremamente urgente porci l’interrogativo di come rendere la società più inclusiva e diversa. Perché si possa affrontare il tema in modo efficace è evidente come sia necessario disincagliarlo dalle secche su cui si è arenato, ma il Libro Bianco è ancora un buon punto da cui possiamo ripartire.

Il documento fornisce innanzitutto un'introduzione molto utile agli approcci alla diversità culturale come l'assimilazione e le teorie multiculturali, prima di fornire argomenti per passare a un approccio di dialogo interculturale.

L'assimilazione è presentata nel contesto dello Stato nazionale europeo della metà del XIX secolo, che nella tradizione europea si è formato sulla base di rigide identità nazionali esclusive e sul principio dell'orgoglio di appartenere a una certa patria. La teoria dell'assimilazione applicata al contesto europeo si rivelò piuttosto inefficace nel secondo dopoguerra, dove molti immigrati provenienti dalle antiche colonie non ebbero alcuna possibilità di integrarsi in un paese europeo se non attraverso un processo di assimilazione inteso principalmente come omogeneizzazione con la cultura dominante.

L'assimilazione è stata poi superata dall'approccio multiculturale, inteso a proteggere e sostenere i gruppi minoritari e le culture emarginate. Il multiculturalismo mirava a una società in cui culture diverse, abitudini diverse e religioni diverse potessero coesistere pacificamente. Gli anni più recenti e la migrazione globale iniziata negli anni '80 hanno messo in discussione anche questo approccio. Gli Stati membri dell'Unione Europea hanno dimostrato di non essere in grado di integrare efficacemente la presenza di molte culture diverse, gruppi minoritari diversi, che di fatto non comunicano tra loro, non condividono alcuni principi comuni e fondamentalmente vivono in rigide e lontane gabbie tra loro non comunicanti. Questo è un approccio classificatorio e “discreto” (che cioè divide e discrimina, invece che unire e mescolare) di cui sono state già fortemente criticate le potenze coloniali (Amselle J. L., 1999, “Logiche Meticce. Antropologia dell’Identita’ in Africa e altrove”, Bollati e Boringhieri, Torino) e che è ugualmente criticabile quando applicato “a casa propria”.

Il “Libro Bianco” sul dialogo interculturale intende rispondere a questo problema introducendo il dialogo interculturale come un approccio necessario alla diversità culturale. Secondo questa prospettiva, alle culture è richiesto di poter dialogare sulla base di un insieme di valori e principi comuni condivisi da tutti i cittadini che intendono vivere nell'UE. I principi comuni che devono essere condivisi da tutti i cittadini sono un accordo sul rispetto dei diritti umani, la democrazia, lo stato di diritto, la pari dignità e il rispetto reciproco, l'uguaglianza di genere, il tentativo di rimuovere le barriere al dialogo interculturale come la povertà o lo sfruttamento e il rispetto per le altre religioni.

Un nuovo necessario approccio:

Tuttavia, anche il dialogo interculturale è stato messo in discussione. Secondo Welsch (Welsch W., 1999, “Transculturality – the Puzzling Form of Cultures Today”, in Featherston M. and Lash S. (edited by), 1999, “Spaces of Culture: City, Nation, World”, Sage, London, p. 196), il dialogo interculturale soffre degli stessi errori iniziali di considerare le culture come "isole", in questo caso sono isole che dialogano invece che semplicemente coesistere come nel caso del multiculturalismo, ma ancora “isole”. Come dice Welsch: “Il concetto non va alla radice del problema. Rimane cosmetico. "

Welsch individua la soluzione nella “Transculturalità”, che costruisce sull'enfasi che pone sulla rete e sulle interconnessioni a livello individuale. Le storie degli individui sono già una costruzione ibrida di culture, abitudini e pratiche diverse, è ora necessario che la Transculturalità sia accettata come teoria analitica oltre che normativa.

È interessante notare che il concetto di Transculturalità è stato utilizzato soprattutto in Etnopsichiatria o psicologia transculturale, dove le componenti culturali sono investigate a livello individuale e sono considerate in primo luogo una produzione di relazioni interpersonali. Il concetto potrebbe rivelarsi molto utile soprattutto nel modo in cui considera le culture. Per l’approccio transculturale le culture non vanno intese come contenitori di pratiche e persone, o come un’etichetta per un gruppo di persone che condividono un certo grado di abitudini, ma piuttosto come un insieme di strumenti che le persone usano per intrattenere le relazioni.

Un cambiamento di atteggiamento nel modo in cui le persone vengono percepite potrebbe avere effetti positivi nella riduzione dei conflitti. Molti dei cosiddetti conflitti culturali avvengono perché le persone non sono viste come individui, ma come rappresentanti di un gruppo diverso, membri di una cultura diversa che riunisce tutti in uno stile di vita specifico, o di religioni differenti che potrebbero minacciare la cultura e le abitudini dei residenti nel paese di destinazione.

Questo tipo di cambiamento di paradigma trasformerebbe il modo in cui viene percepito l'altro. Non un rappresentante di un'altra cultura, ma un individuo con le proprie aspettative, ambizioni, desideri e sogni. Quella che potrebbe essere considerata una minaccia se mantenuta nella categoria “discreta” della cultura, potrebbe trasformarsi in una relazione fruttuosa se considerata come quella che si genera tra semplici individui. L'approccio transculturale potrebbe fornire il background teorico per tale cambiamento di atteggiamento, molto più dell'approccio multiculturale e persino di quello del dialogo interculturale, che invece si concentra sul dialogo tra culture invece di partire dall'individuo reale e dalla relazione che potrebbe essere costruita tra loro.

L'approccio transculturale potrebbe supportare questo atteggiamento inclusivo da cui avremmo politiche più chiare da parte dei governi dei paesi riceventi sui loro reali bisogni e requisiti e, dall'altra parte, una maggiore partecipazione degli immigrati a una società di cui si sentirebbero parte.

Conclusioni:

Un "cambio di paradigma" è sempre più necessario nel modo in cui pensiamo e usiamo il termine "cultura" e la sua versione plurale "culture". La Teoria Transculturale potrebbe rappresentare una soluzione che merita di essere presa in considerazione per molte delle questioni legate alla migrazione e certamente per come intendiamo il nesso Migrazione e Sviluppo.

Il concetto di cultura a cui siamo abituati rischia di considerare le culture come contenitori. Il cambio di paradigma necessario considererebbe le culture non come contenitori di individui, ma piuttosto come uno strumento per l'interazione tra gli stessi. Le culture sono intese come un “software o sistema operativo” che potrebbe fornire un significato a una relazione (con altri individui, gruppi, ma anche con la natura, ecc.).

Potremmo dire che non sono le culture a contenere le persone, ma le persone a ospitare culture. Culture che peraltro si modificano, si mescolano e si trasformano in base all’uso che ne viene fatto.

La multiculturalità non sta tanto nelle società, quanto piuttosto nelle persone ed è tale retroterra multiculturale dei singoli individui che va valorizzato.

I migranti in questo modo si troverebbero ad avere riconosciuto il loro valore aggiunto in quanto portatori di culture varie e dinamiche, che sarebbero quindi strumenti di relazione e di interazione aggiuntive. Ed è su questo punto di forza che vanno costruite le politiche e le azioni di Migrazione e Sviluppo.  

La sfida ora è quella di dotarsi di una strategia che possa impedire il repentino e immediato azzeramento di questo tema di discussione e che anzi permetta di riprendere la riflessione, garantendo la flessibilità di un approccio che non irrigidisca la vita delle persone e degli individui dentro categorie che ne impediscano lo sviluppo.

26 Gennaio 2021
di
Sebastiano Ceschi