La crisi del multilateralismo e le sue implicazioni per la protezione dei diritti fondamentali

Andrea Santo
Advocacy & Lobbying Consultant, Bistoncini Partners

La crisi del multilateralismo e le sue conseguenze sulla protezione dei diritti fondamentali

Nel contesto geopolitico contemporaneo, il multilateralismo, quale principio fondante della cooperazione internazionale nel periodo post-bellico, è sottoposto a una crescente crisi che minaccia di compromettere la salvaguardia dei diritti fondamentali. L’affermarsi di politiche nazionaliste, affiancato dalla disintegrazione delle istituzioni internazionali, solleva interrogativi rilevanti circa il futuro della protezione universale dei diritti umani. Le crisi economiche, il crescente populismo e il ritiro di alcune potenze internazionali dalle istituzioni globali hanno minato la stabilità del sistema internazionale e il ruolo delle organizzazioni internazionali nella difesa dei diritti umani.

La crisi del multilateralismo si riflette non solo in un indebolimento delle istituzioni che sovrintendono alla protezione dei diritti umani, ma anche nella crescente difficoltà di instaurare meccanismi vincolanti per garantire il rispetto dei diritti fondamentali. Se prima il multilateralismo funge da garanzia di protezione universale dei diritti umani, ora, con il suo indebolimento, c’è il rischio che le decisioni relative alla tutela dei diritti umani dipendano dalle priorità o dagli interessi bilaterali o di gruppi ristretti di Stati, minando l’universalità e l’efficacia delle norme internazionali.

La crescente difficoltà di proteggere i diritti fondamentali in un contesto di disintegrazione multilaterale si manifesta anche nelle politiche di sicurezza degli Stati che sempre più spesso giustificano limitazioni delle libertà civili a causa di minacce percepite, come il terrorismo, creando tensioni tra la necessità di protezione e il rispetto delle libertà individuali.

La tensione tra sicurezza e libertà civili: un dilemma eternamente rilevante

Il bilanciamento tra sicurezza e libertà civili costituisce una tematica centrale nella filosofia politica e nel diritto costituzionale. La riflessione sui rapporti tra sicurezza e libertà ha acquisito maggiore rilevanza dopo gli eventi dell’11 settembre 2001, quando la lotta contro il terrorismo ha giustificato misure di sorveglianza massiva, detenzione preventiva. Restrizioni alla libertà di movimento. Tali misure, sebbene giustificate dalla necessità di proteggere la sicurezza nazionale sollevano rilevanti interrogativi circa le loro implicazioni per la protezione dei diritti umani.

La teoria dello “stato di eccezione” elaborata da Giorgio Agamben (2005) sostiene che le misure emergenziali, introdotte per ragioni di sicurezza, tendano progressivamente a diventare la norma, erodendo le libertà civili. La militarizzazione delle forze di polizia, ad esempio, giustificata come risposta alle minacce terroristiche, ha comportato effetti collaterali significativi. La filosofia politica di John Locke (1690) enfatizza che la protezione dei diritti naturali, inclusa la libertà, costituisce la condizione imprescindibile per la legittimità di ogni forma di governo. Pertanto, le politiche di sicurezza che limitano queste libertà non solo compromettono i diritti individuali, ma minano anche la legittimità stessa dello Stato.

 

Un altro ambito in cui tale tensione si manifesta è quello delle politiche migratore. Giustificate dal principio della sicurezza nazionale, le politiche migratorie restrittive rischiano di violare i diritti fondamentali dei migranti, ostacolando l’accesso a procedimenti di asilo equi e adeguati. In un mondo sempre più interconnesso, in cui le migrazioni forzate sono un fenomeno crescente, è cruciale sviluppare un corpus normativo internazionale che tuteli i diritti dei migranti senza compromettere la sicurezza collettiva.

La sicurezza come priorità della politica statale

In un contesto di crescente di insicurezza globale, i governi sono spesso costretti a bilanciare le necessità di proteggere i propri cittadini con quelle di tutelare i diritti fondamentali. La sicurezza nazionale è una delle principali responsabilità degli Stati, e viene generalmente definita come la protezione della sovranità e dell’integrità territoriale, della stabilità politica e sociale e, naturalmente, dei diritti umani fondamentali. La sicurezza è dunque un concetto complesso che abbraccia vari ambiti: la sicurezza fisica dei cittadini, la protezione contro minacce interne (come il terrorismo) e quelle esterne (come le guerre e i conflitti armati). La crescente globalizzazione, con il suo flusso di persone, beni e informazioni, ha aumentato le sfide alla sicurezza creando nuove vulnerabilità.

Nel contesto della lotta al terrorismo, ad esempio, i governi giustificano spesso misure straordinarie come la limitazione della libertà di movimento, l’internamento senza processo, e l’espansione dei poteri di sorveglianza. Tuttavia, queste misure, pur perseguendo un obiettivo di sicurezza, possono entrare in conflitto con i diritti civili e le libertà fondamentali sancite dalla Costituzioni nazionali e dalle convenzioni internazionale dei diritti umani.

Le libertà civili come fondamento delle società democratiche

Le libertà civili appresentato i diritti fondamentali e inalienabili di ogni individuo, che non possono essere violati senza una giustificazione legittima. Questi diritti sono inclusi in documenti internazionali, e comprendono diritti come la libertà di espressione, la libertà di associazione, la libertà di religione e la protezione dalla tortura o dai trattamenti inumani e degradanti. Le libertà civili sono essenziali per la vita democratica di una nazione, poiché garantiscono agli individui la possibilità di esercitare la loro autonomia, di partecipare liberamente alla vita politica e di opporsi alle decisioni dello Stato.

Tuttavia, in periodi di crisi o di minacce alla sicurezza, come si diceva, i governi possono considerare necessario limitare temporaneamente alcune di queste libertà, nell’ottica di proteggere l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale. Queste limitazioni, tuttavia, devono esser proporzionate e non discriminatorie, e devono rispettare i principi stabiliti dal diritto internazionale.

La proporzionalità nella limitazione delle libertà civili

Il principio di proporzionalità è fondamentale nella valutazione dell’equilibrio tra sicurezza e libertà. Questo principio stabilisce che le misure adottate dallo stato per garantire la sicurezza non devono esser eccessive rispetto all’obiettivo da raggiungere. In alter parole, qualsiasi restrizione delle libertà civili deve essere giustificata da una minaccia grave e concreta, e deve esser la misura meno invasiva disponibile per tutelare la sicurezza.

L’adozione di leggi speciali per combattere il terrorismo è un esempio comune di limitazione temporanea delle libertà civili. Tuttavia, l’efficacia di queste misure deve essere costantemente monitorata per evitare abusi. È stato osservato che misure come la sorveglianza di massa, l’uso di tecnologie invasive come il tracciamento dei dati e l’internamento senza processo, se non regolamentare correttamente, possono sfociare in violazioni dei diritti fondamentali, compromettendo così le libertà civili a lungo termine.

Rafforzamento delle istituzioni internazionali: risposte alla crisi del multilateralismo

Alla luce di quanto evidenziato, è urgente un intervento riformista per rafforzare la protezione dei diritti fondamentali. Le istituzioni esistenti devono essere ripensate in modo da rispondere alle sfide globali e garantire una maggiore efficienza nella protezione dei diritti umani. In particolare, una riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU appare necessario per superare l’inerzia derivante dal diritto di veto, che impedisce decisioni tempestive su crisi umanitarie. La proposta di limitare o abolire il veto, sebbene controversa, rappresenta un passo verso una maggiore responsabilità e una gestione più equa delle crisi internazionali.

A livello giuridico, è fondamentale promuovere i principi di giurisdizione universale. Questo principio, che consente la perseguibilità di crimini internazionali indipendentemente dal luogo in cui sono commessi, deve essere consolidato e rafforzato, anche attraverso una maggiore cooperazione tra Stati e un’espansione della giurisdizione delle Corti internazionali, come la Corte Penale Internazionale (CPI). La protezione dei diritti umani deve esser elevata a un principio inderogabile, non negoziabile, che non possa essere messo in discussione dalla retorica nazionale o da considerazioni di politica interna.

Inoltre, la crescente interconnessione tra le nazioni e la rapida evoluzione tecnologica richiede un aggiornamento delle normative esistenti per affrontare nuove forme di minaccia ai diritti umani. Ad esempio, le politiche di cybersicurezza devono essere compatibili con il rispetto della privacy e delle libertà civili, evitando il rischio di un controllo eccesivo da parte degli Stati. Allo stesso modo, le politiche migratorie devono essere riviste per garantire il rispetto dei diritti dei rifugiati e dei migranti, che rappresentano uno dei gruppi più vulnerabili a violazioni dei diritti umani.

Conclusione

In conclusione, la crisi del multilateralismo rappresenta una sfida senza precedenti per la protezione dei diritti fondamentali a livello globale. L’indebolimento delle istituzioni internazionali, insieme all’affermarsi di politiche nazionaliste, ha compromesso l’efficacia degli strumenti giuridici che, storicamente, hanno garantito la tutela universale dei diritti umani. Le crisi geopolitiche, le crescenti tendenze nazionaliste e le paralisi delle Nazioni Unite, accentuata dall’abuso del diritto di veto, hanno minato il sistema interazione, esponendo i diritti fondamentali a una crescente vulnerabilità. In questo contesto, la protezione dei diritti umani non può più essere considerata un obiettivo automatico, ma richiede un rinnovato impegno da parte deli Stato, nonché un rafforzamento e una riforma delle istituzioni globali, affinché possano rispondere in maniera adeguata e tempestiva alle crisi umanitarie.