Diritti Umani e Imprese: Il Dibattito Politico italiano ed europeo e il Ruolo della Società Civile
A 75 anni dalla firma della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), la protezione dei diritti fondamentali si intreccia sempre più con le dinamiche economiche globali. In questo contesto, il dibattito sull’accountability delle imprese rispetto ai diritti umani e ambientali ha assunto una rilevanza centrale nelle politiche europee. In questo senso, la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD - Direttiva 2024/1760) - entrata in vigore il 25 luglio 2024 - e la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD – Direttiva 2022/2464) - entrata in vigore il 14 dicembre 2022) rappresentano due pilastri dell’approccio normativo dell’Unione Europea volto a rendere le aziende responsabili degli impatti delle loro attività. Tuttavia, il percorso di approvazione e di implementazione delle Direttive, ora inserite all'interno del pacchetto legislativo noto come “Omnibus”, ha evidenziato profonde divisioni politiche tra gli Stati membri, nonché tra le forze politiche nazionali ed europee.
Al momento in cui si scrive (aprile 2025), il Parlamento europeo a larga maggioranza e con procedura d’urgenza ha inserito in agenda la proposta denominata “stop the clock”, poi approvata con 531 voti favorevoli il 3 aprile 2025 e a cui il Consiglio dell’UE ha dato luce verde il 13 aprile u.s.
Il dibattito politico in Europa: uno scontro di visioni
Il Parlamento Europeo ha approvato il testo della direttiva con 374 voti favorevoli, 235 contrari e 19 astensioni, dopo intense negoziazioni. La direttiva impone alle aziende l'obbligo di prevenire, mitigare e porre fine agli impatti negativi delle loro attività su ambiente e diritti umani, coinvolgendo sia le operazioni dirette che quelle lungo l'intera catena del valore, Richiamando quanto previsto dai Principi Guida ONU su Imprese e Diritti Umani. Particolare attenzione è rivolta a problematiche come il lavoro minorile, lo sfruttamento dei lavoratori, la perdita di biodiversità e l'inquinamento, con riferimento alle fonti giuridiche internazionali elencati nell’anno della direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence.
Tuttavia, il testo finale rappresenta un compromesso tra diverse posizioni. Inizialmente, la proposta della Commissione Europea prevedeva l'applicazione della direttiva alle aziende con più di 500 dipendenti e un fatturato mondiale di 150 milioni di euro. A seguito delle negoziazioni, le soglie sono state innalzate, riducendo significativamente il numero di aziende coinvolte.
Un altro punto di dibattito riguarda le sanzioni previste per le aziende non conformi. La direttiva stabilisce che gli Stati membri devono designare autorità di controllo incaricate di indagare e sanzionare le violazioni, con multe che possono arrivare fino al 5% del fatturato netto mondiale dell'azienda. Inoltre, le aziende responsabili di violazioni devono risarcire pienamente le vittime.
L'iter della CSDDD ha visto scontri significativi tra le principali forze politiche europee. Da un lato, il Parlamento europeo, con il supporto di gruppi progressisti come i Socialisti & Democratici (S&D) e i Verdi, ha spinto per una direttiva ambiziosa che garantisse obblighi chiari per le imprese in materia di due diligence su diritti umani e ambiente. Dall’altro, i gruppi conservatori come il Partito Popolare Europeo (EPP) e l’ECR hanno sollevato obiezioni, temendo un impatto negativo sulla competitività delle imprese europee, soprattutto delle PMI.
Il testo finale della CSDDD è il frutto di un compromesso tra queste posizioni. Se da un lato la direttiva segna un passo avanti nell’integrazione dei diritti umani nelle strategie aziendali, dall’altro le pressioni politiche hanno ridotto la sua portata rispetto alla proposta iniziale. Tra i punti più controversi:
- ambito di applicazione: mentre inizialmente si voleva includere una platea ampia di aziende, la versione finale prevede obblighi solo per le imprese di grandi dimensioni.
- responsabilità legale: il compromesso ha limitato le possibilità per le vittime di violazioni di citare in giudizio le aziende, riducendo così l’efficacia degli strumenti di tutela.
- settori ad alto rischio: inizialmente, si prevedeva un trattamento più severo per le imprese operanti in settori critici come il tessile o l’estrattivo, ma le pressioni delle lobby hanno attenuato questo approccio.
La Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD): trasparenza e responsabilità
Parallelamente alla CSDDD, l'Unione Europea ha introdotto la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), che impone alle aziende obblighi più stringenti in materia di rendicontazione sulla sostenibilità. A partire dal 1° gennaio 2024, e con pubblicazione del report nel 2025, le aziende che soddisfano almeno due dei seguenti criteri - ovvero un bilancio superiore a 25 milioni di euro, un fatturato superiore a 50 milioni di euro o almeno 250 dipendenti - avrebbero dovuto pubblicare i rischi legati al clima e agli impatti sociali delle loro attività.
Tuttavia, anche la CSRD ha subito modifiche significative. Le revisioni successive hanno ridotto il numero di imprese coinvolte, estendendo le scadenze di conformità e abbassando i requisiti di rendicontazione, portando la soglia delle imprese coinvolte a quelle con 1.000 o più dipendenti. Queste modifiche, finalizzate ad alleviare l'onere finanziario e competitivo per le aziende, hanno però sollevato preoccupazioni riguardo all'efficacia della direttiva nel promuovere la trasparenza e la responsabilità aziendale.
L'Italia e la sfida dell’implementazione: il ruolo della Società Civile
In Italia, il recepimento della CSDDD e della CSRD è al centro di un acceso dibattito politico, Anche alla luce del pacchetto Omnibus. Il governo in carica ha mostrato posizioni ambigue, oscillando tra il sostegno formale agli obblighi di sostenibilità e la volontà di ridurre il peso normativo per le imprese. Alcuni esponenti della maggioranza hanno espresso riserve sull'impatto della CSDDD, allineandosi alla posizione dell’EPP a livello europeo.
Tuttavia, la società civile italiana ha svolto, nelle prime fasi della negoziazione a livello di Parlamento Europeo e di Consiglio, un ruolo chiave nel contrastare un’eventuale diluizione della direttiva. Organizzazioni impegnate nella tutela dei diritti umani e ambientali hanno promosso azioni di sensibilizzazione e advocacy, evidenziando la necessità di una normativa che garantisca giustizia per le vittime di violazioni aziendali.
Uno degli attori principali di questo impegno è la campagna “Impresa2030 – Diamoci una regolata”, di cui Human Rights International Corner (HRIC) è membro promotore fin dal suo lancio nel 2021. Impresa2030 riunisce un’ampia coalizione di organizzazioni della società civile italiana impegnate a promuovere un quadro normativo più stringente per le imprese in materia di diritti umani e ambiente.
Attraverso iniziative di advocacy e dialogo con le istituzioni, la campagna ha svolto un ruolo decisivo nel mantenere alta l’attenzione sulla necessità di una CSDDD ambiziosa. In particolare, Impresa2030 ha:
- interloquito con il governo italiano e i parlamentari europei per garantire che l’Italia sostenesse una CSDDD robusta;
- promosso campagne di informazione pubblica per sensibilizzare cittadini e imprese sui temi della sostenibilità e della due diligence, anche attraverso l’organizzazione di eventi rivolti all’opinione pubblica in varie città italiane;
- sostenuto le vittime di violazioni dei diritti umani legate alle attività aziendali, dando loro voce nelle istituzioni italiane ed europee.
Come menzionato nell’introduzione di questo articolo, il 3 aprile scorso il Parlamento europeo ha approvato - con 531 voti favorevoli, 69 voti contrari e 17 astenuti - un provvedimento di differimento di implementazione delle normative in tema di sostenibilità, riducendo in modo significativo il numero di imprese che sarà obbligato ai nuovi adempimenti sia in merito alla CSRD, sia alla CSDDD. Il provvedimento è stato poi confermato dal Consiglio dell’UE il 14 aprile, così come riportato dal Ministro polacco per gli Affari Europei al termine dell’incontro.
Nello specifico della CSRD, il perimetro applicativo della direttiva viene ridotto ad un numero approssimativo di circa 7000 imprese, pari ad una diminuzione in percentuale dell'85%. Oltre al posticipo delle scadenze, ora organizzate su una applicazione graduale su tre ondate, per restringere il numero delle imprese obbligate a conformarsi a quanto previsto dalle Direttive è stato innalzato il requisito del numero dei dipendenti per i gruppi di imprese, passando da 250 a 1000 dipendenti, con ricavi superiori a 50 milioni di euro ed un attivo superiore a 25 milioni di euro. Inoltre, rimane in vigore la doppia materialità, mentre l’Omnibus prevede l’eliminazione degli European Sustainability Reporting Standards (ERSR)[1].
Infine, riguardo l'applicazione della CSDDD, lo slittamento interessa anche questa direttiva non ancora recepita dagli Stati membri UE ed originariamente calendarizzata nel 2026, che invece viene posticipata a luglio 2027. L’applicazione delle nuove regole è prevista in tre fasi progressive:
- a partire da luglio 2027, gli obblighi entreranno in vigore solo per le imprese più grandi dell’UE, cioè quelle con più di 5.000 dipendenti e un fatturato annuo netto (su scala globale) superiore a 1,5 miliardi di euro. In questa prima fase saranno coinvolte anche le imprese extra-UE che generano più di 1,5 miliardi di euro di fatturato netto all’interno del mercato europee;
- da luglio 2028, le regole si estenderanno alle imprese dell’UE con più di 3.000 dipendenti e un fatturato netto superiore a 900 milioni di euro, nonché alle aziende non europee che raggiungono lo stesso livello di fatturato nell’UE.
- da luglio 2029, l’obbligo di applicare le disposizioni (così come recepite nella legislazione nazionale) si estenderà a tutte le altre imprese che rientrano nell’ambito generale della Direttiva.
Secondo le stime dell’Unione Europea, a partire da questa data la CSDDD si applicherà a circa 6.000 grandi imprese con sede nell’UE e a circa 900 imprese extraeuropee.
Conclusione
L'approvazione delle direttive CSDDD e CSRD rappresenta un passo significativo verso l'integrazione della sostenibilità e del rispetto dei diritti umani nelle attività aziendali. Tuttavia, le modifiche apportate durante il processo legislativo evidenziano le tensioni tra le esigenze economiche e la tutela dei diritti fondamentali. Il ruolo della società civile, attraverso iniziative come la campagna Impresa2030, rimane fondamentale per garantire che queste normative siano implementate in modo efficace e contribuiscano a una reale trasformazione verso un'economia più sostenibile e rispettosa dei diritti umani.
[1] Gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) sono un insieme di norme che stabiliscono come le aziende devono rendicontare le loro performance ambientali, sociali e di governance (ESG).