Italia e America Latina: le sfide ai tempi del coronavirus

Marina Sereni
Vice Ministra per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale

Ringrazio il CeSPI per averci offerto l’occasione di questo Forum, dal quale emerge una straordinaria ricchezza di approcci e di contributi. Mentre scriviamo la pandemia da Covid-19 si sta ancora pericolosamente diffondendo in America Latina e nei Caraibi, con un ritardo di alcune settimane rispetto all'Europa. È il Brasile a guidare la triste classifica, seguito da Perù e Cile e Messico.

La crisi sanitaria si inserisce - quale fattore dirompente - in un quadro regionale preesistente già complesso, sia sotto il profilo socio-economico sia, in particolare per alcuni Paesi, sotto quello politico.

Se volessimo indicare alcuni elementi di fragilità ricorrenti nella regione direi che potremmo fare riferimento a sei fattori che richiamo schematicamente e che molti degli intervenuti hanno bene evidenziato:

  1. Un’elevata disuguaglianza sociale, come conferma un coefficiente di Gini tra i più alti al mondo per singoli Paesi e per la regione nel suo complesso, destinata a produrre effetti ancor più laceranti nella società a causa della pandemia. Le fasce più deboli, ma anche la classe media, saranno più colpite a causa della difficoltà di accesso al sistema sanitario (per lo più a pagamento) e alle cure, nonché a una rete Internet di qualità, necessaria ora sia per esercitare il diritto allo studio, sia per continuare in molti settori a lavorare. La pandemia renderà più acute anche le preesistenti disuguaglianze di genere, mentre si registra un aumento generalizzato – come del resto accaduto anche in Italia -  della violenza domestica.
  2. Pur con forti differenze tra Paese e Paese, e con ben quattro – Messico, Cile, Colombia e Costa Rica – membri dell’OCSE, siamo di fronte ad economie non ancora pienamente mature e con un mercato del lavoro segnato da una diffusa informalità, accompagnata dall’assenza o fragilità di sistemi di previdenza sociale pubblici e/o privati o di forme di tutela dei lavoratori legate al concetto di "lavoro dignitoso" ("decent work") elaborato dall'OIL. In tale contesto, non stupiscono le stime molto preoccupanti – della CEPAL ma anche di altri organismi specializzati – per quanto riguarda l’impatto sociale della pandemia.
  3. Una difficoltà di accesso al credito in una regione già indebitata (non solo con riguardo al caso argentino) e considerata a reddito medio-alto, quindi esclusa dalle agevolazioni di credito, cancellazioni e anche da interventi di cooperazione allo sviluppo completamente a dono, secondo i criteri OCSE-DAC. Per far fronte agli investimenti necessari per uscire dalla pandemia e riorganizzare la ripresa sono invece necessarie, come sperimentato nella stessa Europa, fortissime iniezioni di liquidità.
  4. In alcuni Paesi persistono poi vere e proprie crisi politico-istituzionali che, nel caso del Venezuela, hanno da tempo travalicato i confini nazionali, destabilizzando l’intero contesto regionale.
  5. Un malessere generalizzato rispetto al funzionamento delle istituzioni, in Paesi in cui non sono infrequenti scandali legati a fenomeni di corruzione o di penetrazione degli apparati statali e politici da parte della criminalità organizzata, generalmente transnazionale e legata al narcotraffico. Il super-ciclo elettorale del periodo 2017-2019 ha indicato la volontà di netto cambiamento e cesura con il passato da parte delle popolazioni della regione, che hanno dimostrato la propria insoddisfazione generalmente premiando le opposizioni. Le rivolte sociali iniziate nell'autunno 2019 in Cile e rapidamente diffusesi in altri Paesi della regione (in particolare Ecuador e Colombia) sono una prosecuzione di tale tendenza. Le criticità emerse nella gestione della pandemia hanno aperto peraltro nuove contraddizioni e tensioni, in particolar modo nel caso del Brasile.
  6. Una crisi del regionalismo con la polarizzazione ideologica, soprattutto con rispetto alla trattazione delle crisi regionali, osservata in seno all'OSA ormai da tempo, lo smantellamento dell'UNASUR, le difficoltà della CELAC - inizialmente per i contrasti rispetto alla partecipazione dei rappresentanti venezuelani del governo Maduro, considerato illegittimo da molti Stati membri, e poi per la decisione brasiliana di gennaio 2020 di sospendere la propria partecipazione -, differenze di obiettivi tra i Paesi del Mercosur, con il Brasile che, dopo anni di chiusura, vuole accelerare l'apertura ai mercati e un'Argentina più attratta dall’esigenza di “proteggere” la propria economia.

Se queste sono le tendenze, quali possono essere i terreni prioritari per la nostra politica estera?

Innanzitutto è giusto sottolineare che l’Italia parte da un patrimonio importante costituito da ottime relazioni bilaterali e, grazie in particolare alla Conferenza Italia-America Latina e Caraibi giunta ormai alla sua nona edizione, con l’insieme della regione.

In secondo luogo, dopo l’azione di riforma e rivitalizzazione promossa in questi ultimi anni da Donato Di Santo, si è molto rafforzato il ruolo dell’IILA e oggi, a fronte dell’elezione del Ministro Antonella Cavallari quale nuovo Segretario Generale dell’Istituto, si aprono per la Farnesina nuove e molteplici opportunità di collaborazione.

In questo quadro, e di fronte alle sfide inedite che la pandemia del Covid-19 ha posto, e porrà, è possibile e necessaria una fase di rilancio dell’iniziativa del nostro Paese nei confronti dell’America Latina, identificando alcuni temi di interesse comune.

La pandemia ha dimostrato la necessità di più cooperazione internazionale. Come era già evidente per i cambiamenti climatici e per il terrorismo, anche per quanto riguarda la salute, la sicurezza di ciascun Paese è strettamente interconnessa a quella di tutti gli altri. Le minacce di questa epoca non conoscono confini, e nessuno può sconfiggerle da solo.

Questo richiede un impegno di riforma e rilancio del multilateralismo, sia nella versione «globale» sia in quella «regionale». Per quanto indebolita e imperfetta l’architettura del sistema delle Nazioni Unite resta un riferimento ineludibile e l’Agenda 2030 è oggi ancora più attuale di prima sia per noi che per l’America Latina.

Non sarà possibile – e direi neppure del tutto auspicabile – ritornare a dove eravamo prima del Coronavirus. Gli obiettivi dell’Agenda per lo sviluppo sostenibile – lotta alle disparità, tutela della salute, equità sociale, clima, salvaguardia dell’ambiente, economia circolare, partecipazione delle donne e dei giovani – sono oggi una bussola necessaria se vogliamo dare una risposta efficace alla crisi economica e sociale provocata dal Covid-19.

Così come per l’Europa, anche per l’America Latina mi sembra si ponga il tema di ripensare il modello di sviluppo della regione e le alternative di riattivazione economica, alla luce dei cambiamenti strutturali che si verificheranno nella globalizzazione e nel mondo post Covid-19. L'integrazione regionale risulterà al riguardo fondamentale.

Ecco una prima priorità per la politica estera italiana: rilanciare l’attenzione dell’Unione Europea verso la regione. Su questo terreno l’Italia – forte delle positive relazioni politiche e commerciali con i Paesi dell’area e priva di ingombranti trascorsi coloniali – può giocare un ruolo di primo piano.

L'Ue si trova in una posizione unica al mondo per diventare un partner strategico di America Latina e Caraibi. A differenza di altre potenze che si interessano alla regione solo con obiettivi di supremazia globale e per imporre loro agende (Cina, Russia ma in qualche misura anche Stati Uniti), l'Ue è l'unica a offrire un partenariato basato su valori condivisi: inclusione e coesione sociale, democrazia, diritti umani, multilateralismo.

L'Ue è un attore geopolitico diverso dagli altri e deve prenderne coscienza, investendo capitale politico nella regione e avanzando nell'agenda bi-regionale con gli accordi di cooperazione e l'agenda verde comune.

La cooperazione internazionale e quella europea vanno dunque rafforzate in una regione da cui i donatori internazionali si sono progressivamente allontanati negli ultimi anni. Il Covid-19 riporta purtroppo indietro la situazione economica della regione rendendola di nuovo bisognosa delle attenzioni della cooperazione allo sviluppo in senso classico. Al fine di assicurare la centralità delle politiche di coesione sociale, il programma europeo Eurosocial+, che beneficia i LAC e di cui l’IILA è per l’Italia soggetto attuatore, va rafforzato ora più che mai.

La Presidente della Commissione ha adottato, lo scorso 8 aprile, la decisione di riorientare 927 milioni di euro - già destinati alla regione America Latina e Caraibi (LAC) - a favore di interventi di breve termine nel settore sanitario, igiene, sanificazione e idrico per far fronte alla pandemia Covid-19. A questi fondi, si aggiunge il riorientamento di 75 milioni di euro della Banca europea per gli investimenti (BEI). In totale, un pacchetto di 1 miliardo di euro per la regione LAC. Non si tratta tuttavia di fondi nuovi, ma di una riallocazione, essendo l'Unione europea alla fine del ciclo finanziario in corso. Sarà dunque necessario per il prossimo futuro investire ulteriori risorse per affiancare la regione al momento della ripartenza.

Infine, su questo fronte, credo sia opportuno sollecitare un maggiore impegno della comunità internazionale (FMI e G20 in particolare) per dare una risposta adeguata alla regione in termini di accesso a risorse finanziarie a basso costo, sgravi del servizio del debito ed eventuali cancellazioni, anche in deroga agli attuali criteri di eleggibilità che escludono tutta l'area LAC. Ai Paesi latino-americani e caraibici servono subito liquidità e appoggio internazionale. 

La decisione del G20 di sospendere il pagamento del servizio del debito, attualmente riservata ai 73 paesi più poveri, è certamente importante. L’Italia, che il prossimo anno avrà la responsabilità di guidare il G20, può favorire una riflessione sulla possibilità e opportunità di estendere geograficamente e temporalmente la portata e la potenza di fuoco di questa misura.

Altro tema di interesse comune riguarda il commercio internazionale.

La recente conclusione del lungo negoziato tra l’Ue e il Messico per la modernizzazione del pilastro commerciale dell’Accordo Globale è una novità importante anche per l’Italia per cui il Messico rappresenta il secondo partner commerciale nella regione, dietro solo agli Stati Uniti. I contenuti dell’Accordo, sia per le notevoli aperture in campo agricolo che per la forte tutela accordata alle indicazioni geografiche, nonché per l’inserimento specifico di un capitolo sulle Pmi e per l’attenzione allo sviluppo sostenibile e al cambiamento climatico, sono perfettamente coerenti con le linee dello sviluppo che il nostro Paese vuole perseguire. Per questo converrà un impegno in prima fila dell’Italia in sede Ue per una sua rapida attuazione.

Allo stesso modo dobbiamo lavorare sull’intesa politica raggiunta nel giugno dello scorso anno sul capitolo commerciale dell’Accordo di Associazione Ue-Mercosur.

Sotto il profilo commerciale, i vantaggi attesi per la penetrazione di prodotti industriali europei riflettono la rimozione delle proibitive tariffe su settori europei cruciali – automotive, abbigliamento e calzature, macchinari, prodotti chimici e farmaceutici - e sembrano preludere a una sostanziale revisione da parte del blocco Mercosur della tradizionale politica protezionista e di sostituzione delle importazioni.

Sul fronte agroalimentare, alle concessioni assicurate ai paesi Mercosur (liberalizzazione dell’82% dell’export e riconoscimento di quote di esportazione per alcuni prodotti, tra i quali carne bovina, avicola, zucchero, comunque entro il limite dell’1-1,2% del consumo Ue, riso etanolo), corrispondono importanti risultati anche per i produttori Ue: la liberalizzazione tariffaria sul 95% dell’export, inclusiva di settori cruciali per l’Italia, come vino, olio d’oliva, cioccolata; la tutela di 349 Indicazioni Geografiche, ancorché con limitate deroghe per tutelare marchi o usi precedenti (legati anche all’intensità dei nostri legami storici con l’America Latina e alla presenza delle comunità di origine italiana); la previsione di clausole di salvaguardia bilaterale (reintroduzione del dazio), in caso di incrementi massici di importazioni e di un pacchetto finanziario di sostegno del valore di 1 miliardo di euro per gli agricoltori Ue che dovessero subire significativo pregiudizio, ad integrazione degli aiuti già previsti sotto l’ombrello della Politica Agricola Comune. Quanto sopra nel rispetto delle regole Ue di sicurezza alimentare (“principio di precauzione”), ribadito dalle Parti nell’intesa.

Ulteriori aspetti importanti includono l’accesso, in condizione di pari competizione (level playing field), delle imprese UE nel mercato dei servizi (in particolare di quelli sinora chiusi alla concorrenza, come quelli marittimi) e degli appalti a livello centrale/federale (la Ue è il primo partner commerciale del Mercosur a vedersi riconosciuto tale beneficio, con possibile estensione a livello locale); norme vincolanti per la disciplina delle imprese di Stato; disposizioni per facilitare l’accesso al mercato delle PMI; impegno delle Parti ad assicurare piena attuazione all’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico, anche in riferimento alla deforestazione, nonché alle Convenzioni ILO a tutela dei diritti dei lavoratori.

Ho voluto richiamare i contenuti essenziali di questo accordo – sul quale tuttora esistono diverse sensibilità tra i 27 Paesi della Ue che dovranno esprimersi all’unanimità per rendere l’accordo operativo – perché penso che sia importante stimolare la conoscenza e la discussione trasparente in materie così  complesse e perché ritengo che – a maggior ragione oggi di fronte alla crisi del Covid-19 – il perfezionamento dell’Accordo sia nell’interesse dell’Italia e porti benefici per gli operatori nazionali.

E’ opportuno tra l’altro notare come l’Argentina, pur avendo annunciato la volontà di bloccare i negoziati in corso su accordi di libero scambio, abbia invece affermato nelle scorse settimane l’intenzione di “accompagnare” il Mercosur nei negoziati con l’Ue e l’EFTA.

Più in generale Europa e America Latina dovranno entrambe confrontarsi con le conseguenze che la pandemia avrà inevitabilmente sul commercio internazionale. Sarà questo, nel bene e nel male, uno dei terreni di massima espressione di quel bipolarismo asimmetrico Usa-Cina che la pandemia ha accentuato ed esasperato. Sia che prevalga la logica delle guerre commerciali e dei dazi sia che nella competizione i due protagonisti raggiungano compromessi o accordi bilaterali, sono evidenti i rischi tanto per l’Unione Europea che per l’America Latina. D’altra parte le contraddizioni e le distorsioni di una globalizzazione economica e finanziaria con regole inadeguate, con vantaggi indebiti per sistemi in cui la libertà di mercato non è garantita, in cui i vincoli ambientali o i diritti nel lavoro non vengono rispettati, richiedono necessariamente un ripensamento complessivo. Europa e America Latina possono contribuire insieme a scrivere nuove regole, più eque e lungimiranti, su scala globale.

Cooperazione economica e relazioni commerciali non esauriscono lo spazio che l’Europa e l’Italia possono e debbono riempire nei prossimi mesi guardando al continente latino-americano.  

L’emergenza umanitaria e la crisi politica in Venezuela, rese ancora più drammatiche dalla pandemia, richiedono una rinnovata attenzione da parte della comunità internazionale. La fallita “operazione Gedeone” degli inizi di maggio ha ulteriormente complicato il quadro. Il Piano di Transizione presentato nei mesi scorsi dall’Amministrazione Usa ricalca positivamente molte delle proposte avanzate e accordate nella mediazione norvegese e punta ad affidare i poteri ad un Consiglio di Stato transitorio (il che presuppone un passo indietro oltre che di Maduro anche degli altri principali protagonisti) per avere nuove elezioni presidenziali e parlamentari nell’arco di 6-12 mesi.  L’Unione Europea ha tenuto a fine maggio la “pledging conference” dei soggetti donatori, Italia inclusa, per far fronte all’acuta crisi sociale e sanitaria provocata dalla pandemia. Una riattivazione del Gruppo di contatto sul Venezuela – di cui anche il nostro Paese è parte – ritengo sia in questo momento assolutamente opportuna.

La seconda situazione da considerare riguarda la Bolivia le cui elezioni secondo la legge si dovranno tenere entro il 3 di agosto. Il Governo ad interim della Añez, non eletto, si trova ad affrontare contemporaneamente l’urgenza di evitare l’esplosione della pandemia e le conseguenze economiche e sociali delle misure di lockdown. L’Italia deve confermare il suo impegno a sostegno della missione dell’Unione Europea, che assieme all’OSA già nelle precedenti elezioni fu presente in veste di osservatore.

Per quanto riguarda il Nicaragua, data l’assenza di progressi nel dialogo tra il Governo e le opposizioni, l’Unione Europea ha dato avvio ad un sistema sanzionatorio già deciso nel 2019 individuando i primi sei nominativi destinatari di misure restrittive individuali, in quanto ritenuti responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. Una decisione che non mette in discussione l’attenzione agli aspetti umanitari della pandemia e che anzi spinge ad intensificare ogni iniziativa utile per la ripresa del dialogo tra le parti.

Sempre sul piano politico sarà molto interessante seguire l’evolversi della situazione in Cile, dove nei prossimi mesi – Covid-19 permettendo – dovrebbe avviarsi con il referendum un importante e complesso processo costituente, sulla base di un accordo scaturito tra le principali forze politiche come risposta alle poderose manifestazioni sociali dello scorso anno.    

Accanto ad un’agenda europea impegnativa verso l’America Latina, nei prossimi mesi dovremo lavorare intensamente anche per riavviare la nostra iniziativa sul piano delle relazioni bilaterali. Penso, per fare alcuni esempi, alla convocazione della Commissione Bi-nazionale Italia-Messico e alla Missione di Sistema che nel corso della mia visita a fine febbraio – poco prima dell’esplosione della pandemia nel nostro Paese – avevamo ipotizzato potesse tenersi in maggio con la presenza dei due Ministri. Penso all’idea di elevare il livello politico di tutti i meccanismi di consultazione già esistenti con il Brasile – come il Consiglio di Cooperazione – di cui ho avuto modo di discutere con le autorità brasiliane a dicembre 2019. Penso alla convocazione del Gruppo di lavoro misto e all’aggiornamento dei diversi accordi bilaterali tra Italia e Cile, su cui si era cominciato a lavorare nel corso della mia visita alla fine dello scorso anno. Penso alla Commissione Mista Italo-Argentina, riunitasi l’ultima volta nel 2017 alla vigilia della visita del Presidente della Repubblica Mattarella.

Mentre sono ancora impossibili i viaggi e le missioni, e tenendo conto dell’evoluzione del virus, nessuno ci impedisce di cominciare a lavorare, anche attraverso incontri virtuali, per preparare gli appuntamenti al più alto livello necessari, e in parte già concordati con alcuni Paesi.

Sicurezza, legalità e lotta alla corruzione; cooperazione scientifica e culturale; lotta alla povertà, sviluppo sostenibile, cambiamenti climatici ed energia; gestione dei fenomeni migratori; promozione delle opportunità di investimenti e cooperazione economica: tutti questi temi sono stati negli anni oggetto di accordi bilaterali o meccanismi di consultazione che oggi, alla luce delle sfide nuove che abbiamo di fronte sia noi che i nostri partners, meritano di essere ripresi per consolidare ed elevare di livello il dialogo politico dell’Italia con i Paesi dell’America Latina e dei Caraibi. 

Infine dovremmo iniziare ora a pensare agli appuntamenti del prossimo anno. Nel 2019 la Cop25 – che si sarebbe dovuta tenere in Cile e che a causa della mobilitazione sociale si è svolta a Madrid – si è conclusa in maniera piuttosto deludente. Recentemente tuttavia il Cile ha definito, con i suoi NDC (Nationally Determined Contributions), un piano per il clima molto ambizioso, di fatto mettendosi alla testa dei Paesi che in America Latina vogliono impegnarsi per la concreta attuazione degli Accordi di Parigi. Un fatto molto interessante in vista della Cop26, rinviata al prossimo anno a causa del Covid-19, che l’Italia copresiederà insieme alla Gran Bretagna, organizzando ed ospitando il pre-vertice e un evento preparatorio dedicato ai giovani.

Nel 2021 l’Italia avrà poi la responsabilità di guidare il G20, un foro al quale partecipano Argentina, Brasile e Messico, che dovrà fare i conti con gli effetti della recessione causata dalla pandemia e indicare le strade per una ripartenza nel segno del cambiamento. Persone, pianeta, prosperità: queste le tre parole che il Presidente Conte ha anticipato come filo conduttore della Presidenza italiana del G20.

In questo contesto dovremo collocare anche la decima Conferenza Italia-America Latina e Caraibi. Sviluppo sostenibile ed economia circolare; lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata (nel ventennale della Convenzione di Palermo); democrazie e nuovi strumenti di partecipazione come risposta al malessere e alla sfiducia verso le istituzioni: questi potrebbero essere i temi attorno ai quali riunire esperti ed esponenti dei governi con l’obiettivo di approfondire il dialogo politico tra il nostro Paese e tutti i Paesi della regione.

In conclusione, l’Italia ha tutto l’interesse e tutte le risorse per sviluppare e rinnovare i suoi tradizionali e fortissimi legami con l’America Latina. L’essere stati in Europa il primo Paese ad essere duramente colpito dal Coronavirus ci ha messo alla prova nell’emergenza ma ci ha anche fatto diventare un esempio da seguire in ogni parte del mondo. La dimensione delle comunità di origine italiana in molti Paesi della regione latino-americana e caraibica ed il loro alto livello di integrazione, accanto alla presenza ormai consolidata di tutte le nostre principali aziende, rende evidenti le potenzialità anche politiche di un rapporto storicamente profondo ma aperto al futuro. La nostra rete – ambasciate, consolati, Istituti di Cultura, Ice – sono pronti a rilanciare l’immagine e il ruolo del nostro Paese in questa regione del mondo, anche grazie a risorse straordinarie che il Governo ha stanziato per la “promozione integrata” del Sistema Paese. Attraverseremo mesi difficili, la crisi economica e sociale morde e anche l’Italia e l’Europa dovranno combattere contro vecchie e nuove diseguaglianze, anche noi dovremo saper fare scelte coerenti per indirizzare le risorse disponibili verso gli investimenti verdi, per aiutare la buona occupazione, per valorizzare i talenti e la soggettività delle donne e dei giovani. Saranno in tanti a dirci che dovremmo concentrarci sulle problematiche interne e non “sprecare” soldi in solidarietà e cooperazione internazionale.

Ma noi sappiamo che questa logica è miope e perdente e che una media potenza regionale come l’Italia, settima economia al mondo e seconda manifattura in Europa, ha solo da guadagnare ad investire nelle relazioni esterne e nella dimensione europea – stimolante a questo proposito la suggestione di una comune visione transatlantica che attraverso l’America Latina guarda al continente africano – , ad aprirsi e a trovare il suo nuovo posto nel mondo del “dopo Covid-19”.     

17 Gennaio 2020
di
CeSPI (articolo introduttivo)