Migrazioni e sviluppo: il ruolo delle diaspore in un mondo che cambia

Francesco De Rosa e Mirko Tricoli
Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo

Mentre scriviamo questo contributo il contesto politico e sociale globale in cui ci muoviamo è profondamente mutato. La pandemia da Covid19 ha costretto l’intero pianeta a riconsiderare le priorità sul piano sociale ed economico, gli Stati Uniti hanno eletto alla Casa Bianca il Presidente Biden, mantenendo all’interno contrasti e contraddizioni forti, l’Unione Europea si è stretta attorno alcuni temi principali per ritrovare credibilità e forza, mentre ha preso pienamente forma il rinnovato governo italiano, a cui partecipa la quasi totalità dell’arco parlamentare.

Al progressivo acuirsi della pandemia è corrisposto un accresciuto impatto sui lavoratori migranti legato all’inasprimento delle restrizioni ai movimenti internazionali e dell’impiego massiccio di manodopera straniera nei settori occupazionali meno tutelati, retribuiti e più a rischio. A titolo esemplificativo, si ricorda che nell’area OCSE circa un quarto dei medici è di origine straniera e il 15% del personale infermieristico. Al contempo, mentre decine di milioni di migranti facevano ritorno ai propri paesi di origine, il flusso di rimesse internazionali ha subito pesanti contraccolpi, seppur in maniera ridotta rispetto ai flussi di investimenti. Tra il 2019 e il 2021 infatti, alcune stime hanno fissato a 7,5% la contrazione annua del flusso globale di rimesse. I flussi di Investimenti Diretti Esteri hanno invece subito un crollo del 50% - arrivato al 75% in area OCSE – tra il secondo semestre del 2019 e il primo semestre del 2020, passando da 730 miliardi a poco più di 360. Dato ancor più eloquente se si considera che un migrante internazionale su tre proviene da uno dei venti paesi maggiormente colpiti dal CoVID, che da soli generano circa il 40% dei flussi di rimesse globali. La pandemia ha congiuntamente contribuito all’accresciuta vulnerabilità di decine di milioni di migranti globalmente e restituito, con chiarissima evidenza, l’immagine di un pianeta inestricabilmente interconnesso dove i lavoratori stranieri svolgono una funzione indispensabile. È sufficiente immaginare che se le diverse restrizioni imposte globalmente, e il loro impatto sui flussi migratori, dovessero rimanere invariate o lievemente attutite, settori strategici quali l’agricoltura dovrebbero necessariamente affrontare una graduale ristrutturazione economica e produttiva per via della netta riduzione del numero di lavoratori migranti. In estrema sintesi, sebbene i flussi migratori siano nettamente diminuiti - per cause connesse alla pandemia il numero di nuovi migranti a livello globale è stato grossomodo dimezzato, il numero di richieste di asilo depositate in Europa è diminuito del 30% - l’ineluttabilità dei movimenti di persone e la necessità di governarli riducendo i rischi connessi alle migrazioni e rafforzarne i benefici, sono ancor più evidenti dopo 15 mesi di pandemia.

Il tema delle migrazioni e della mobilità umana, declinata nelle sue molteplici sfumature, ha progressivamente assunto toni diversi nel corso della pandemia; al fisiologico calo di attenzione politica delle prime fasi del 2020, è seguito il dibattito sviluppatosi attorno al Nuovo patto europeo e la ripresa degli arrivi in Europa attraverso la rotta balcanica e quella mediterranea accompagnato dalla rinnovata collaborazione tra Stati Uniti e Messico in tema migratorio, che hanno segnato nettamente il ritorno delle tematiche tradizionali. Giacché il patto europeo e il recente attivismo della Casa Bianca in America Latina condividono il netto richiamo al tema delle cause profonde delle migrazioni irregolari, è plausibile prevedere che globalmente nell’immediato futuro non si verificherà una particolare riconsiderazione di tale approccio – questione sollevata in alcuni sedi internazionali. Alla luce di quanto detto è pertanto imprescindibile promuovere una concreta analisi delle politiche a regolamentazione e sostegno delle rimesse.

Su questo tema l’impegno italiano si è concentrato in passato sull’utilizzo efficace in termini di efficacia dell’aiuto e nella riduzione del costo delle stesse. Nel 2009, anno di Presidenza italiana del G8, il MAECI, ha avviato il “Global Remittances Working Group”, d’intesa con la Banca Mondiale, con l’obiettivo di contribuire alla riduzione del costo delle rimesse e affrontare temi quali: il miglioramento dei dati, costi e infrastrutture di mercato, prodotti finanziari per le rimesse e accesso alla finanza. Il Vertice G8 tenutosi a L’Aquila ha adottato l’iniziativa italiana promuovendo un impegno significativo e quantificato: la riduzione del costo medio globale di invio delle rimesse dal 10% al 5% in 5 anni (obiettivo del “5x5”).

Nello stesso anno, durante la “Conferenza Internazionale sulle Rimesse”, promossa da Italia e Banca Mondiale, sono state avviate altre due iniziative: (i) la “Rome Road Map for Remittances” attraverso la quale sono state individuate azioni puntuali per la facilitazione dell’invio delle rimesse e la riduzione dei loro costi e (ii) il sito web sul costo delle rimesse in Italia, cofinanziato da MAE-DGCS, strumento di trasparenza a beneficio delle comunità di migranti (http://www.mandasoldiacasa.it/), il cui aggiornamento è però discontinuo.

Nonostante i risultati divergenti che diversi paesi hanno finora raggiunto nel ridurre il costo delle rimesse e promuoverne l’utilizzo per innescare sviluppo in forme sostenibili nei paesi di destinazione oltreché sviluppare i sistemi nazionali di erogazione di servizi di base, esiste un generale consenso internazionale circa l’assoluta necessità di avvalersi del potenziale intrinseco che le comunità di migranti possiedono in termini di sviluppo dei propri paesi di appartenenza. Tale comunione di approccio è osservabile nella quasi totalità dei piani di indirizzo strategico a livello internazionale e regionale, quali, oltre al Global Compact for Safe, Orderly and Regular Migration (Obiettivo 20), a cui l’Italia non ha aderito, l’European Agenda on Migration (Obiettivo III.4) e il Migration Policy Framework for Africa and Plan of Action 2018-2030 dell’Unione Africana.

Favorire azioni volte a ridurre il costo delle rimesse e promuoverne l’utilizzo a beneficio delle collettività è uno degli obiettivi di lungo periodo che si pone il sistema italiano di cooperazione, in linea con il target 10.c dell’Agenda 2030 “Entro il 2030, ridurre a meno del 3% i costi di transazione delle rimesse dei migranti ed eliminare i corridoi di rimesse con costi oltre il 5%”.

In Italia si è assistito negli ultimi anni a un crescente affermarsi delle associazioni diasporiche nelle attività di cooperazione allo sviluppo, grazie alla direzione indicata con chiarezza dalla L. 125 del 2014, ma soprattutto grazie al lavoro, iniziato precedentemente dalla Cooperazione Italiana e rafforzatosi dopo la nascita dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, finalizzato a rafforzare le capacità operative di tali associazioni in ambito cooperazione. Il programma più significativo a supporto delle associazioni della diaspora in ambito cooperazione è il Summit Nazionale delle Diaspore. Partito nel 2017 e sostenuto principalmente dall’AICS, assieme ad una pluralità di soggetti che ne hanno accompagnato la crescita (Fondazione Charlemagne, Fondazioni For Africa, Ministero del Lavoro, CeSPI, l’Associazione Le Reseau e Studiare e Sviluppo), il Summit è stato concepito per informare e sensibilizzare sui temi legati a migrazione e sviluppo, supportare la creazione di collaborazioni e partnership, formare e assistere associazioni di migranti allo scopo di arricchire il panorama dei soggetti del sistema italiano di cooperazione. Il progetto si propone inoltre di contribuire ad una narrazione sulle migrazioni corretta e bilanciata. Negli anni sono stati organizzati incontri a carattere regionale e nazionale, con una crescente partecipazione attiva delle associazioni di migranti (oltre 190 quelle registrate sul sito dell’iniziativa, www.summitdiaspore.org).

In un quadro di incertezza come quello attuale, a fronte dei rischi connessi all’indebolita coesione sociale, in Italia e nel mondo, il lavoro culturale innescato dalle attività di coinvolgimento delle associazioni di migranti assume un carattere rilevante sia al fine di migliorare la qualità dei programmi di cooperazione, grazie ad un maggior coinvolgimento di attori con sensibilità diverse, in grado di trasferire competenze umane e tecniche nei paesi partner, sia sul fronte del dialogo e del confronto culturale interno, grazie a una maggiore sensibilizzazione rispetto all’operato delle associazioni impegnate nell’accoglienza e nella solidarietà in Italia.

Impostare politiche concrete, mirate a coinvolgere i diversi segmenti della società diviene necessario per utilizzare al meglio le potenzialità offerte dalla presenza di comunità di migranti in Italia, con ricadute positive sui programmi di cooperazione che le vedono coinvolte.