Donne decisive nella prevenzione delle crisi

Martina Semenzato
Onorevole, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere

L'Italia, al dibattito aperto dedicato all'Agenda "Women, Peace and Security" (WPS) presso il Consiglio di Sicurezza dell'ONU, a venticinque anni dall’adozione della storica Risoluzione 1325, ha ribadito il suo impegno per il pieno ruolo delle donne come agenti di cambiamento, costruttrici di pace e leader, sottolineando che il progresso non è possibile senza il loro pieno contributo.

Il messaggio italiano ha ribadito il proprio impegno per la promozione della parità di genere nei processi di pace, del ruolo delle donne come "leader, costruttrici di dialogo e punti di riferimento per le comunità" e si impegna a sostenere i quattro pilastri dell'Agenda: prevenzione, protezione, partecipazione, assistenza e recupero.

Ricordando, l’adozione del quinto Piano d’Azione Nazionale 2025-2029 in materia di WPS e l’adesione al Common Pledge del Segretario Generale ONU per la piena, eguale e significativa partecipazione delle donne.

E non è stato un caso calendarizzare nel giorno che precedeva il venticinquesimo anniversario dall’approvazione, da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, della Risoluzione 1325 un mio convegno sul tema “Donne Pace e Sicurezza”.

Adottata all'unanimità il 31 ottobre del 2000 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la 1325 è la prima Risoluzione di questo organismo che esplicitamente menziona sia l'impatto della guerra sulle donne, sia il contributo delle donne per la soluzione dei conflitti e per una pace durevole.

La risoluzione riconosce e valorizza il contributo delle donne, fino a quel momento sottovalutato e sottoutilizzato, nella prevenzione e nella risoluzione dei conflitti, nel peacekeeping e nel peace-building, considerando la leadership delle donne centrale per una pace giusta e duratura. 

Al di là della occasione celebrativa, certamente significativa, questo spazio è stato da me pensato e promosso al fine di non trascurare una riflessione doverosa per i tempi difficili in cui stiamo vivendo: le donne nei teatri di conflitto.

Un convegno che si è svolto il 30 ottobre 2025, ha visto la partecipazione di illustri relatori ed esperti dalla Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, On. Eugenia Roccella, al Sottosegretario di Stato alla Difesa, Sen. Isabella Rauti, dal Capo sezione Politiche di Genere dello Stato Maggiore della Difesa, Rosa Vinciguerra, al Coordinatore per l’Agenda “Donne Pace e Sicurezza” presso la Direzione Generale Affari Politici del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Luca Fratini, e moderato dal Presidente del Centro Studi Internazionali (CeSI), Andrea Margelletti.

Abbiamo voluto sottolineare la trasversalità dei temi legati alla pace parlando non solo delle donne vittime di violenza o dello stupro usato come arma di guerra, ma anche del ruolo delle donne come facilitatrici e mediatrici nei processi di pace, e della loro presenza fondamentale nelle forze dell'ordine.

È un percorso che riafferma il valore dell'empowerment femminile.

Secondo l’ultimo Report del Segretario Generale delle Nazioni Unite sulla protezione dei civili nei conflitti armati, nel 2023 il numero delle donne e delle ragazze che vivono in zone di guerra aveva superato i 600 milioni (in crescita del 50% rispetto al 2017), mentre le vittime uccise in teatri bellici erano raddoppiate. Certamente, queste cifre sono peggiorate nel 2024 e nell’anno in corso, considerati i conflitti armati in crescita a livello globale e nel quadrante geopolitico che interessa l’Italia.

Sono cifre che consolidano una amara narrazione sulle donne, quali vittime predestinate, impotenti ed indifese, target di violenze indicibili.

D’altra parte, le guerre del nostro tempo sono guerre vili, che vedono contrapposti, da un lato, apparati bellici avanzatissimi, spesso guidati dall’intelligenza artificiale, e, dall’altro lato, popolazioni inermi, colpite a morte nell’atto di vivere la propria quotidianità, in scuole, centri commerciali, parcheggi, condomini o parchi pubblici.

E in questo scontro non c’è dubbio che siano le donne, insieme ai bambini ed ai più fragili, ad avere la peggio.

E hanno la peggio anche in quanto obiettivo degli stupri di guerra, divenuti un’arma consuetudinaria e sistematica, malgrado essi siano riconosciuti come crimini contro l’umanità e crimini di guerra.

Come è avvenuto il 7 ottobre 2023 nei kibbutz aggrediti da Hamas o come è accaduto in Ucraina o in Bosnia Erzegovina e, praticamente, in ogni teatro di conflitto, passato e presente.

Le donne sono così due volte vittime: della realtà delle guerre e di una narrazione che non dà loro scampo.

E invece la risoluzione 1325 e le ulteriori risoluzioni ad essa connessa ci parlano di qualcosa di diverso e di insolito: vale a dire del ruolo delle donne non già e non solo come vittime, ma come attrici e promotrici di pace, di sicurezza e di sviluppo a lungo termine.

Ci parlano del fatto che le donne sono decisive – lo hanno misurato le Nazioni Unite e la stessa NATO sulla base di una ampia casistica – nella prevenzione delle crisi e nella costruzione di pace durevole.

La loro inclusione nei negoziati di pace conferisce agli accordi legittimità, resilienza, sostenibilità nel tempo, inclusività.

La loro presenza sul campo nelle comunità, a livello locale ed informale, è un fattore che stimola in modo tangibile la risoluzione dei conflitti.

Come Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere credo fermamente nella energia generatrice delle donne quali protagoniste attive e non spettatrici passive e marginali della storia.

Mi impegno ogni giorno per invertire l’immaginario ed il linguaggio. E lo faccio perché penso che questo sia uno strumento di prevenzione della violenza di genere e del femminicidio, unitamente agli strumenti repressivi e preventivi.

Fare emergere nel discorso pubblico la forza e la capacità delle donne nel sapere provocare e governare il cambiamento in positivo della società, lasciando sullo sfondo il dato negativo della violenza. È una narrazione che è più consona a quello che le donne sono e vogliono essere.

Non dobbiamo omettere certamente i dati sulla violenza, su quanto le donne subiscano in ragione del loro genere, fino a morirne in alcuni casi, come avviene nelle guerre o come può avvenire nel privato delle case delle nostre città.

Ma attenzione a limitarsi a cifre e statistiche che parlano solo della sconfitta delle donne, perché questa sì è una descrizione funzionale ad un loro ruolo secondario e subalterno, che non è di beneficio a nessuno.

Per questo motivo la Commissione di inchiesta è impegnata attivamente su filoni innovativi finalizzati a categorizzare forme ancora non troppo codificate di violenza di genere, come la violenza economica o la violenza di genere on line.

Nel farlo, selezioniamo e valorizziamo anche modelli positivi in cui le donne, dopo avere sperimentato la violenza, sono diventate attrici del proprio riscatto e si propongono come soggetti a tutto tondo: imprenditrici di successo, giornaliste impegnate o negoziatrici e mediatrici non decorative in contesti di conflitto. 

È questa l’occasione, pertanto, per valorizzare figure ed esempi importanti anche a livello nazionale a partire dalla nostra presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha avuto un ruolo rilevante nei processi di pace internazionali, ma soprattutto dalle tante donne che, nei conflitti, aiutano altre donne e uomini a rialzarsi, sostenendo le economie e le politiche dei Paesi coinvolti.

Come la filippina Miriam Coronel Ferrer, la prima donna capo negoziatore a firmare, nel 2014, un accordo di pace con un gruppo di ribelli.

O la venezuelana Maria Corina Machado, leader dell’opposizione a Nicolas Maduro, insignita del Premio Nobel per la Pace 2025 per il suo lavoro nella promozione della democrazia e per la sua capacità di unificare l’opposizione venezuelana, in passato molto divisa.

I pilastri su cui si fonda la risoluzione 1325 - prevenzione, partecipazione, protezione e peacebuilding, ricostruzione – descrivono questo percorso di riscatto e di protagonismo femminile che attua il famoso empowerment, enunciato per la prima volta trent’anni fa, in occasione della Conferenza di Pechino. Un altro caposaldo del diritto internazionale che, nell’anno in corso, celebra un importante anniversario e che ancora marca il solco lungo il quale corre il nostro impegno a sostegno delle donne.

“L’Italia guarda ai quattro pilastri WPS”, lo ha ricordato anche nel suo intervento l’Ambasciatore Maurizio Massari, Rappresentante Permanente d’Italia presso le Nazioni Unite, che ha sottolineato in aula come il Paese mantenga una “costante dedizione” all’attuazione dell’Agenda, riconoscendo l’importanza del lavoro svolto dal personale ONU sul terreno per promuovere la leadership femminile e proteggere lo spazio civico delle donne.

Il nuovo Piano d’Azione Nazionale 2025-2029 pone al centro due priorità: da un lato, l’empowerment delle donne a livello comunitario, dall’altro il sostegno concreto a chi è colpito da conflitti armati. Obiettivi che si intrecciano con le iniziative europee e multilaterali.

Fondamentale è il rafforzamento della cooperazione: l'Italia accoglie con favore l'idea di un "Centro di Eccellenza" dedicato all'Agenda WPS per potenziare il coordinamento e la condivisione delle conoscenze a livello globale.

Non meno importante è il sostegno costante alle organizzazioni e reti femminili, attori cruciali nella prevenzione dei conflitti e nella costruzione della pace, apportando prospettive diverse, promuovendo il dialogo e agendo sul territorio per ricostruire le comunità.

La loro importanza è riconosciuta dall'ONU, che con la risoluzione 1325 sottolinea la necessità del loro ruolo paritario e del loro coinvolgimento in tutti gli sforzi di pace e sicurezza.

Anche nella prevenzione e nel contrasto alla violenza di genere le organizzazioni e le reti femminile sono fondamentali per arginare il fenomeno poiché offrono supporto concreto, creano reti di sostegno. Svolgono un ruolo di advocacy per influenzare le politiche e la normativa, garantendo che le esigenze delle donne e il contrasto alla violenza siano al centro dell'agenda pubblica. 

Tra le nuove sfide emergenti dell’Agenda WPS, la dimensione digitale, che da un lato offre piattaforme di partecipazione alle donne, dall’altro le espone a molestie online e campagne di disinformazione. L’Italia a questo riguardo chiede di rafforzare la raccolta di dati disaggregati per genere sull’accesso alle tecnologie e di promuovere partenariati regionali capaci di tutelare e amplificare le voci femminili.

A questo proposito voglio ricordare che ho fortemente voluto che la Commissione bicamerale di inchiesta sul femminicidio e violenza di genere inserisse tra i punti programmatici (sono 17) un nuovo filone di inchiesta sulla dimensione digitale della violenza contro le donne per comprendere al meglio come contrastare l’odio e la violenza che si nascondono dietro lo schermo e nel web, e per costruire strumenti di tutela più efficaci a difesa delle donne.

Siamo chiamati ad una nuova riflessione, soprattutto sull’uso dei mezzi tecnologici.

Oggi la violenza (e non solo quella di genere) cambia forma, si attualizza, prende una nuova veste digitale che amplifica velocemente accessi e numeri, non rimanendo più confinata nelle mura domestiche.

Con la nuova legge sull'intelligenza artificiale (n.132 del 23 settembre 2025) in vigore dal 10 ottobre 2025, è stata introdotta una nuova fattispecie di reato (art. 612-quater codice penale) che punisce, con la pena da uno a cinque anni, chiunque cagiona un danno ingiusto ad una persona, cedendo, pubblicando o altrimenti diffondendo, senza il suo consenso, immagini, video o voci falsificati o alterati mediante l'impiego di sistemi di intelligenza artificiale e idonei a indurre in inganno sulla loro genuinità.

Viene così colmata, in parte, la lacuna presente nell’art. 612-ter codice penale che punisce il revenge porn ma solo se le immagini e i video sono genuini.

La riflessione oggi riguarda la responsabilità anche di gestori e piattaforme, e l’identificazione dei soggetti che commettono reati nel web.

Tra le altre priorità, restano l’approccio sensibile al genere di fronte a sfide globali come cambiamento climatico, migrazioni forzate e sviluppi tecnologici.

Solo includendo la prospettiva delle donne sarà possibile rispondere in maniera efficace e sostenibile a questi fenomeni.

La Women, Peace and Security Agenda resta uno strumento fondamentale per prevenire la violenza, consolidare la pace e garantire giustizia alle vittime.

L’auspicio è che il nostro Paese sia pronto a continuare a lavorare con le Nazioni Unite e tutti i partner per trasformare gli impegni in risultati concreti.