Il governo Starmer sotto l’attacco di Elon Musk e dei bond vigilantes

27 Gennaio 2025
Mario Massungo

L’entusiasmo della vittoria laburista alle ultime elezioni politiche del Luglio 2024 in Gran Bretagna appare già come un lontano ricordo. Sono trascorsi solo pochi mesi, eppure la luna di miele del governo Starmer sembra essersi conclusa da un pezzo, con gli infiniti attacchi dei tabloid, la fiducia a picco nel premier e nella sua Ministra delle Finanze Rachel Reeves, le provocazioni inaudite sui social del leader della tecnodestra arrembante Elon Musk. 
Nei primi mesi del suo governo, la scorsa estate, Starmer era stato apprezzato per la linea di tolleranza zero adottata contro i disordini e gli episodi di razzismo esplosi in tutto il Regno Unito dopo l’attentato di Southport, in cui un giovane britannico di origini ruandesi aveva accoltellato a morte tre bambine in una scuola. 
Solo poche settimane dopo, il Premier si era trovato invece a difendersi dalle accuse di favoritismo  per via di una serie di regali che aveva accettato dai suoi donatori senza dichiararli. Sebbene Starmer non avesse infranto alcuna legge, i media si sono interrogati sull’opportunità politica di tale comportamento, soprattutto considerando le critiche che avevano mosso a Boris Johnson e ai Tories, quando era all’opposizione, proprio sulla questione morale.
A questa prima battuta d’arresto ha fatto eco l’improvviso martellamento mediatico di Elon Musk, proprietario di X, che ha cominciato ad attaccare Starmer per non aver fatto abbastanza quando era procuratore contro una serie di gang organizzate di stupratori pedofili, spesso di origini straniere. 
Accuse infondate che hanno però trovato vasta risonanza sui media e che hanno amplificato le richieste di dimissioni di Starmer, a pochi mesi dalla sua elezione. 
Nei suoi interventi Musk è arrivato addirittura a difendere pubblicamente Tommy Robinson,  il leader razzista dell’estrema destra britannica,  e ad attaccare i giudici che lo avevano condannato alla reclusione al punto che perfino Nigel Farage, il famigerato leader dei Brexiteer e del Reform UK party, ha deciso di prenderne le distanze, a scapito della grossa donazione che Musk stava meditando di fare proprio a Reform UK. Tuttavia, la verà difficoltà  per Starmer oggi sono i mercati finanziari, che stanno mettendo a dura prova il Regno Unito. 
Nel tentativo – tutto sommato riuscito – di ingraziarsi l’elettorato moderato, Sir Keir Starmer aveva imposto al partito laburista una forte svolta riformista puntando sulla stabilità delle finanze pubbliche e sull’attenzione alle esigenze del mondo produttivo, come avevamo già descritto in passato su questo taccuino. Questo ha spinto il governo Starmer a promettere di non aumentare il debito e di non aumentare troppo le tasse (almeno non per i lavoratori), nonostante debba fare fronte a una situazione finanziaria difficile lasciata in eredità dal suo predecessore Rishi Sunak. 
Rimane quindi, come unica via d’uscita teorica, la revisione della spesa pubblica, non proprio il massimo per un leader eletto con una piattaforma progressista. Infatti, nei primi mesi di governo, Starmer ha dovuto annullare misure come i sussidi universali per il riscaldamento agli anziani, nel tentativo di coprire il buco da 22 miliardi di sterline lasciato dai Tories. Parallelamente, Starmer e la Ministra delle Finanze Rachel Reeves hanno intrapreso una modifica delle regole di finanza pubblica. Nell’ultima legge di bilancio, hanno diluito queste regole (una pratica frequente nella politica britannica, dove sono state cambiate nove volte negli ultimi 16 anni, ad esempio escludendo dal deficit la spesa per alcuni investimenti). Tuttavia, questa scelta ha offerto un pretesto perfetto per scatenare i cosiddetti bond vigilantes dei mercati finanziari, ovvero quegli investitori obbligazionari che esigono rendimenti più alti per investire nei titoli di debito sovrano.

Infatti, benchè la Bank of England sia impegnata in un ciclo di riduzione dei tassi di interesse dall’estate del 2024, a partire da settembre i rendimenti dei titoli britannici hanno preso la direzione opposta, impennandosi dal 3.50% a quasi il 5% (ora sono rientrati intorno al 4.66%), i livelli più alti dai tempi della mini-crisi causata da Lizz Truss nel 2022 e della crisi finanziaria. Una dinamica che potrebbe  essere associata alla resilienza dell’inflazione e al deficit pubblico non ancora del tutto sotto controllo. Tuttavia, il deficit del Regno Unito per il 2024 si aggira intorno al 4.5%, un livello non catastrofico se pensiamo che gli USA sono al 6%, la Francia viaggia per il 5.5% e il 7.2% dell’Italia del 2023. 
Ma questo non importa per i bond vigilantes, che hanno deciso che il Regno Unito rischia di rimanere intrappolato nella spirale mortale del debito, ovvero quel circolo vizioso in cui, per far fronte alla spesa per gli interessi sul debito – che ha recentemente sfondato l’ordine dei 100 miliardi di sterline all’anno, proprio come accade in Italia -  lo Stato è costretto a ridurre le spese e aumentare le  tasse. 
Questo, a sua volta, deprime l’economia, riduce ulteriormente le entrate e fa aumentare ancora il deficit, innescando un rialzo dei rendimenti e, di conseguenza, della spesa per interessi. Come ha recentemente dichiarato Ray Dalio, fondatore del grande hedge fund americano Bridgewater, in un’intervista al Financial Times.
Di certo, il fatto che la sterlina abbia perso valore proprio mentre i rendimenti delle obbligazioni pubbliche salivano (e i prezzi delle obbligazioni scendevano), un fenomeno normalmente controintuitivo, sembra indicare la scarsa fiducia degli investitori nel Regno Unito e dunque verso le politiche che lo governano. Insomma, a torto o a ragione, la Gran Bretagna di Keir Starmer si trova nel mezzo di un attacco speculativo, dove un governo progressista, di recente e piena legittimazione democratica, si trova a navigare nelle acque agitate dalla reazione della tecnodestra nativista. Una dimostrazione del fatto che,  anche in un paese come il Regno Unito,  la primazia della politica deve comunque fare i conti con i bond vigilantes, lezione che noi italiani abbiamo invece imparato da tempo.