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Politica

Quanto contano ancora Parigi e Berlino?

27 Gennaio 2023
Massimo Nava - Editorialista Corriere della Sera

La guerra in Ucraina ha conseguenze geopolitiche impensabili fino a qualche anno fa. Il tradizionale asse Parigi/Berlino si è fortemente indebolito. Il baricentro del Vecchio Continente si è spostato ad Est. I Paesi Baltici e la Polonia hanno dato una spinta formidabile all’allargamento della Nato, portando avanti paradossalmente un progetto che la Russia di Putin si proponeva di contenere con l’attacco a Kiev. Lo ha ammesso tempo fa anche il cancelliere Olaf Scholz, quando ha detto che "Il centro dell'Europa si sta spostando verso est". L’iniziativa a tutto campo della Polonia dall’inizio della guerra ha anche permesso di accendere il semaforo verde all’invio di carri armati tedeschi e americani in soccorso all’Ucraina. La Polonia ha anche previsto un massiccio investimento nelle proprie forze armate, già oggi ai primi posti in Europa per efficienza e ammodernamento tecnologico.

Lo scenario che ci attende incoraggia alcune speranze (un’autentica difesa europea, un’Europa più forte e coesa, il contenimento della Russia, l’avvio dei negoziati di pace, l’integrazione europea dell’Ucraina) ma anche il suo contrario: un’ escalation militare, un conflitto di lunga durata, una folle corsa al riarmo senza apprezzabili risultati politici sul medio periodo, una dipendenza dell’Europa ancora più marcata dalla Nato e dagli Stati Uniti.

Di fatto, Polonia e altri Paesi dell’Est, oltre ai Baltici, si sentono moralmente legittimati come “combattenti per la libertà” contro il neo imperialismo di Putin. Ma questa spinta politica e morale ha anche messo nell’angolo i tradizionali rapporti diplomatici, culturali e commerciali coltivati da Germania e Francia nei confronti della Russia. Anche l’Italia ha sempre mantenuto questo approccio dialogante con Mosca, ma oggi il governo di Giorgia Meloni sembra avere decisamente invertito la rotta.

In pratica, è rimasto soltanto il presidente francese Macron a credere ancora in un negoziato di pace in tempi brevi. La Germania, prudente e indecisa anche per ragioni storiche, alla fine ha accettato di inviare i carri armati e ha posto un problema di sovranità europea quando si tratta di prendere decisioni così drammatiche.

Indebolita all'interno dell'Europa, almeno per ora, la Francia sarà anche meno influente in una NATO più attiva e aggressiva. L'alleanza è più dipendente dalle armi e dalla leadership americana di quanto non lo fosse prima della guerra, non meno, e si prevede che si espanderà presto con la nuova adesione di Svezia e Finlandia.

Naturalmente, Francia e Germania restano attori determinanti in molti ambiti economici e normativi della politica europea e il loro potere d’influenza continua ad essere esercitato a Bruxelles, dove peraltro i Paesi dell’Est sono guardati di traverso su alcune questioni spinose: migrazioni, controllo delle frontiere, legalità, Stato di diritto.

Certo è che le recenti celebrazioni del Trattato dell’Eliseo hanno creato un po’ di nostalgia per le coppie storiche che determinavano i destini delol’Europa. Basti solo ricordare il dopoguerra di De Gaulle e Adenauer o la caduta del Muro di Berlino al tempo di Mitterrand e Kohl. Non tutto filava liscio, ovviamente, ma c’erano una visione e capisaldi politici scritti nel marmo. Angela Merkel è uscita di scena. Sarkozy e Hollande hanno brillato (poco in verità) una sola stagione. Scholz e Macron si conoscono appena e sembrano schiacciati dalla mole dei problemi di casa propria.