Ucraina: le annessioni di Putin il vero ostacolo alla pace

di 
Piero Fassino

La guerra in Ucraina compie un anno, consegnando un lascito tragico di distruzioni, morti, sofferenze, esodi. Nonostante ciò nulla fa pensare che una soluzione sia vicina. Al contrario cresce il livello di riarmo su entrambi i fronti e benché si moltiplichino gli appelli a fermare le armi, per ora nessuno spazio si intravede per una soluzione politica del conflitto. In realtà una soluzione potrebbe essere ricercata proponendo alle parti un piano per la sicurezza e la stabilità della regione fondato su un trade-off.

Una dichiarazione di neutralità dell’Ucraina offrirebbe una risposta alla richiesta di Mosca di non essere insidiata ai propri confini. Per converso l’integrazione europea di Kiev e un Trattato di assistenza militare dei Paesi occidentali in caso di aggressione, tutelerebbero la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina.

Un piano che potrebbe essere rafforzato dalla parallela attivazione di un negoziato tra Washington, Mosca e cancellerie europee per un nuovo sistema di sicurezza collettiva in Europa e dalla riattivazione dei Trattati, oggi congelati o disdetti, sulla riduzione degli armamenti nucleari.

Tuttavia tali ipotesi appaiono oggi impraticabili per la scelta di Putin di annettere alla Federazione Russa i territori occupati del Donbass. Peraltro è delle ultime ore anche la revoca da parte del Cremlino delle dichiarazione di riconoscimento dell’integrità territoriale della Moldavia. Il che rende concreta la minaccia di un’annessione russa anche della Transnistria moldava da tempo occupata dai separatisti filorussi.

Sono annessioni che la comunità internazionale si rifiuta di riconoscere in nome del diritto e dei principi di rispetto della sovranità e integrazione territoriale di ogni Stato. Principi che se violati - come ha fatto Putin aggredendo l’Ucraina - mettono in discussione la stabilità e la sicurezza di ogni nazione e del mondo.

L’annessione delle regioni del Donbass significa che Putin considera definitivamente acquisiti alla Russia quei territori, dove infatti si distribuiscono passaporti russi ai cittadini, si sono sostituiti tutti i testi scolastici con i testi in vigore nelle scuole russe, è stato adottato il prefisso telefonico russo e via via, giorno dopo giorno, si procede a una piena integrazione delle regioni di Donesk e Lugansk nella Federazione Russa. Scelta resa ancora più chiara dalle dichiarazioni di Putin, Lavrov, Peskov (il portavoce del Cremlino) che subordinano qualsiasi apertura di negoziati di pace al “riconoscimento del nuovo stato territoriale di fatto”, cioè le annessioni.

Ed è del tutto evidente che non solo per Zelensky, ma per qualsiasi dirigente ucraino sia improponibile sedersi ad un tavolo negoziale in cui si sancisca la mutilazione del proprio Paese. Ne è riprova il fatto che anche il piano di pace preannunciato dalla Cina abbia - almeno secondo i testi fin qui conosciuti - come punto essenziale il ripristino della integrità territoriale dell’Ucraina. Pechino è infatti ben consapevole che Kiev non potrebbe accettare un negoziato in cui si sottragga alla sua sovranità una parte del territorio ucraino. E però è altrettanto prevedibile che Putin non intenda revocare le annessioni, atto che rappresenterebbe per Mosca una pesante sconfitta.

Insomma, con le annessioni Putin ha introdotto una rigidità che ad oggi preclude un negoziato. Tant’è che nelle cancellerie europee si fa strada la convinzione che l’obiettivo minimo da perseguire possa essere una “soluzione coreana”: un cessate il fuoco che congeli la guerra lungo la linea del fronte bellico. Soluzione, tuttavia, non soltanto fragile ed esposta in qualsiasi momento a una ripresa del conflitto, ma non accettata da Kiev perché di fatto consoliderebbe l’annessione russa del Donbass.

È dunque la sovranità ucraina il vero nodo del conflitto. Putin l’ha mutilata con annessioni che non ha alcuna intenzione di revocare. Kiev, in nome del diritto, rivendica il pieno rispetto della propria integrità territoriale e intende combattere fino a che una porzione del suo territorio sia in mano straniera. È, dunque, con lo scioglimento di quel nodo che la comunità internazionale è chiamata a misurarsi nella difficile ricerca di una strada per far tacere le armi e promuovere una soluzione di pace

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Pubblicato su HuffPost Italia