Il futuro incerto del multilateralismo commerciale e il ruolo dell’Organizzazione mondiale del commercio

Marco Zupi
Approfondimento n.147 per l'Osservatorio di Politica Internazionale
Date: 
2019

Il mondo è oggi più integrato di quanto non fosse settant’anni fa, all’indomani della seconda guerra mondiale. Lo segnalano i dati relativi al valore degli scambi internazionali di merci, che superano di oltre tre volte quello degli scambi di servizi che, per loro natura, spesso non oltrepassano le frontiere nazionali. 

La produzione mondiale nel corso degli ultimi settanta anni è aumentata molto, ma ancor di più è aumentato il volume degli scambi commerciali. La novità più significativa degli ultimi vent’anni è sicuramente l’affermarsi della Cina, motore dell’economia mondiale, che continua ancora oggi a crescere come economia e potenza esportatrice. 

In una prospettiva regionale oggi l’UE-28 precede la Cina e gli Stati Uniti nella classifica dei tre maggiori attori globali del commercio internazionale.

Nel caso dell’Italia trova conferma il cosiddetto modello gravitazionale del commercio internazionale, secondo cui l’interscambio tende a connotarsi in termini regionali, con paesi di prossimità e più alto livello di reddito. In termini percentuali, l’Italia registra un calo delle quote mondiali

Per capire la realtà della situazione attuale, tuttavia, bisogna andare oltre le statistiche aggregate sul commercio internazionale che finiscono col rendere improprio il riferimento allo Stato nazionale come unità di misura dei benefici e costi del multilateralismo commerciale.

Oggi viene messo in discussione il sistema multilaterale, l’OMC è al centro delle critiche. Nel 2001 ha avviato un ambizioso ciclo di negoziati, il Doha Round, che mirava ad estendere le materie negoziali, a cominciare dallo spinoso tema dell’agricoltura, e a tutelare maggiormente gli interessi dei Paesi in via sviluppo ed emergenti, che oggi hanno più voce. 

Tuttavia, dopo quasi due decenni la situazione non si è sbloccata e si sono ottenuti solo alcuni accordi settoriali e che coinvolgono un gruppo limitato di paesi.

In questo contesto, che ha contraccolpi negativi sull’economia globale, si radicalizzano due posizioni contrapposte: i fautori della liberalizzazione commerciale e i sovranisti. Due posizioni che non paiono in grado di dare una risposta efficace ai problemi strutturali sottostanti – disoccupazione e occupazione vulnerabile non a condizioni dignitose, crisi ambientale, disuguaglianze – che interrogano il modello di sviluppo complessivo. 

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