Europa: il coraggio di rimettersi in gioco

Marco Piantini

Quando mi è stato chiesto di aprire per il CeSPI un forum di discussione sul futuro dell’Europa non pensavo di suscitare un dibattito così ampio e così ricco di spunti (ben cinquanta). Riflessioni originali, diversificate per contenuto e per il tipo di esperienza degli autori: rappresentanti di Istituzioni o di centri di ricerca, accademici, diplomatici, giovani ricercatori, persone con profili professionali diversi tra loro ma con in comune, evidentemente, la passione di interrogarsi sul futuro dell’Unione Europea in un contesto così denso di incognite. A loro va un ringraziamento sentito. Stiamo ora lavorando, visto il notevole successo del forum, a una pubblicazione, grazie all’editore Donzelli, che raccolga i vari contributi e degli scritti inediti di Giuliano Amato e Piero Fassino.

Al Forum sull’Europa seguirà nelle prossime settimane un Forum sull’Africa, anche sulla base delle riflessioni svolte da Romano Prodi nella lectio magistralis tenuta in occasione della inaugurazione della nuova sede del Cespi. Questo è stato un motivo di gratitudine e orgoglio per il centro studi e per chi vi collabora a diverso titolo. Nel suo intervento Prodi ha sottolineato il legame tra il futuro del nostro Continente e quello dell’Africa. Trovo bello che la successione dei due forum tematici voglia rappresentare in qualche modo questo legame. Al contempo, questo passaggio di testimone ci offre l’opportunità di guardare al futuro con idee nuove e con nuove prospettive, alzando lo sguardo sui processi globali di cambiamento. Basta pensare a alcuni dati: tra circa tre decenni gli Europei vivranno in un mondo dove le economie di Cina e India insieme varranno quanto quelle dell’intero attuale G7. Un solo paese africano, la Nigeria, si avvicinerà alla popolazione totale dell’Unione Europea (a 27), e due terzi dell’umanità vivrà in grandi aree urbane.  Il mondo cambia alla velocità della luce, e il rapporto tra Europa e Africa è una perfetta fotografia delle nostre difficoltà nel capire quella velocità.

Credo che sia sbagliato provare ad arrivare a delle conclusioni per il dibattito che si è svolto su questo sito sul futuro dell’Unione Europea, almeno in questa sede. Ma è certo però che si può fare riferimento al senso di urgenza sentito da molti di noi di agire e pensare coerentemente rispetto ai trend globali appena citati e rispetto alla fase di grave difficoltà del processo di integrazione nei nostri stessi paesi. Ho voluto porre delle domande iniziali che si riferissero alla necessità di compiere qualche autocritica sui limiti delle diverse culture ed esperienze proeuropee, perché di fronte a rischi di arretramento e cambiamento di senso del progetto europeo nel suo complesso, riflettere su ciò che non si è fatto, su ciò che non si è fatto abbastanza, o su ciò che non si è tentato, è un dovere intellettuale e politico. Come molti interventi hanno messo in luce con cura non mancano le idee su come portare avanti questa grande opera incompiuta che è l’Europa politica, e sul contributo che può darvi il nostro Paese.

Viviamo in un contesto nel quale la necessità di difendere la memoria deve unirsi alla volontà di costruire un dibattito civile e culturale, prima ancora che politico, fondato sulla volontà di trovare idee per il nostro futuro. La ricerca della e sulla complessità può sembrare oggi un esercizio retorico. Nei tempi della demagogia portata all’estremo e della manipolazione delle informazioni anche su ciò che l’Europa è stata ed è, si deve farlo con grande determinazione, ognuno per quel che può. Non dobbiamo temere nuove domande o nuove possibili risposte, ne può intimorire il fatto di rimetterci costantemente in gioco con spirito costruttivo e senza smarrire il senso di un lungo cammino.

Grazie dunque a chi, usando questo forum, ci ha provato dando avvio a un dialogo che certamente continuerà.