Category: 
Politica

Ma davvero si vota per l’Europa?

1 February 2024
Massimo Nava - Editorialista Corriere della Sera

L'immigrazione, il riscaldamento climatico, la guerra in Ucraina, le pandemie e le turbolenze economiche, la crisi in Medio Oriente sono gli argomenti più importanti di cui si discute nei diversi Paesi europei. La percezione dei problemi e i comportamenti elettorali sono abbastanza variabili da un capo all’altro del Continente, con un unico denominatore comune: in misura maggiore o minore, la tendenza collettiva favorisce i partiti e i movimenti di destra e d’ispirazione populista e persino estremista. E su questa tendenza si sovrappongono l’assenteismo e le proteste sociali di categoria o di gruppo, come si è visto in Francia con le rivolte nelle periferie o più in generale in tutta Europa con la mobilitazione degli agricoltori.

Difficile immaginare quale Europa uscirà dalle urne, ma se le tendenze saranno confermate sarà problematico perseguire una narrazione politica che negli ultimi tempi ha stabilito priorità non condivise da vasti strati di popolazione. Non ancora maggioritari, ma prossimi a diventarlo. Pensiamo al patto verde, ai meccanismi di stabilità finanziaria, ai tagli della spesa sociale a favore della spesa militare, al tema dell’allargamento ad Est quando in alcuni Paesi - stupisce fra questi, la Germania - ci sono gruppi che accarezzano una exit strategy.

È interessante, a questo proposito, un sondaggio del think tank europeo ECFR, condotto in 11 Paesi: Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna, Romania, Danimarca, Portogallo, Estonia e 2 Paesi al di fuori dell'UE (Regno Unito e Svizzera). La lista delle preoccupazioni è lunga per tutti, la classifica delle principali è variabile, ma la risposta comune è prevalentemente conservatrice e critica nei confronti della UE. Per i tedeschi l'immigrazione è in cima alla lista (31%). Gli arrivi di massa degli ultimi anni hanno lasciato il segno e l'AfD, il partito anti-migranti, è in testa ai sondaggi. In Francia e Danimarca, i cittadini considerano il cambiamento climatico la crisi più importante. Gli italiani e i portoghesi indicano la crisi economica globale. In Spagna, Gran Bretagna e Romania, si indica la pandemia di Covid-19. Estoni, polacchi e danesi vedono la guerra in Ucraina come una crisi epocale.

Gli autori dello studio deducono che, alle prossime elezioni europee, ci saranno due temi di preoccupazione in competizione tra loro: la crisi climatica e l'immigrazione. Entrambi i fenomeni, per ragioni ovviamente diverse, spaventano, ma la preoccupazione per il futuro del pianeta non favorisce partiti e movimenti ecologici, mente coloro che considerano l’immigrazione una minaccia per l’economia, la sicurezza e l’identità nazionale favoriscono la destra e l’estrema destra. Alle urne gli elettori prenderanno posizione in base alle offerte politiche che ritengono più adatte a prevenire le crisi che li riguardano direttamente.

Tra gli ultrasettantenni, il 27% è più preoccupato per la guerra in Ucraina. I giovani sono meno preoccupati per l'immigrazione (9%). Ma al di là dei sondaggi e delle tendenze, emerge nell’opinione pubblica un vuoto di riflessioni, l’assenza di un grande dibattito sul futuro e sulle linee guida della UE nei prossimi anni.

In altri termini, sembra che di «europeo» le elezioni avranno soltanto l’aggettivo, mentre i cittadini voteranno in base a simpatie nazionali coerenti con i temi che li preoccupano di più. Gli elettori non voteranno per i partiti europei, ma per le solite formazioni che strutturano la vita politica nazionale. Inoltre, il più delle volte non sapranno a quale gruppo del Parlamento di Strasburgo appartengono e, cosa ancora peggiore, non gliene importerà molto. In realtà, non sarà un'occasione per una riunione europea, ma un test a grandezza naturale degli equilibri politici nazionali del momento.

E’ bene ricordare inoltre che soltanto il 42% degli elettori europei si è recato alle urne nel 2019.

A settant'anni dal Trattato di Roma, non esiste uno spazio politico europeo in cui tedeschi, francesi, italiani e altri possano discutere insieme delle questioni che rientrano effettivamente nelle competenze dell'UE. La maggioranza dei nostri concittadini non sente di eleggere europarlamentari veramente europei, ma rappresentanti che si aspettano di difendere gli interessi nazionali a Strasburgo.

Completamente assente anche la riflessione sui meccanismi decisionali e sul quadro istituzionale, il che accentua la percezione della distanza fra la tecnocrazia «meta politica» e le opinione pubbliche nazionali. 

Il funzionamento della UE, se si considerano il principio dell’unanimità e i contrappesi, è altamente democratico. Ma questo non riduce il senso di distanza dalle decisioni e una sostanziale crisi di legittimità. In quasi tutti i Paesi, la tendenza dominante dei partiti è quella di mandare a Strasburgo personalità da premiare per imprecisati meriti o comunque personalità meno gradite nel gioco politico nazionale.

La protesta in corso degli agricoltori, al di là delle problematiche specifiche, è anche una grande metafora del rapporto complicato fra elite politiche europee e categorie di cittadini. È un fatto che stia crescendo la protesta contro il Patto Verde Europeo, il pacchetto legislativo progettato per garantire che l'Unione Europea (UE) si conformi all'Accordo di Parigi, al fine di limitare le conseguenze del riscaldamento globale. I sondaggi mostrano che i cittadini sono stufi dei vincoli associati alla transizione ecologica, di cui beneficia l'estrema destra, e gli agricoltori nelle strade gridano all'esasperazione contro gli "standard di Bruxelles". Il futuro della transizione verde europea è in parte in gioco con le elezioni europee.

Se non c'è più un sostegno democratico per il Green Deal, sarà difficile perseguirlo. Nelle capitali e all'interno dei principali partiti si moltiplicano gli appelli a una "pausa". Negli ultimi tempi, son stati adottati una cinquantina di atti legislativi, ma intanto - dai campi agricoli alle fabbriche di auto, dagli abitanti delle città più fredde ai consumatori - si vorrebbero misure meno drastiche una loro adozione rinviata nel tempo.

I Verdi, che restano i più ferventi sostenitori del Green Deal, stanno crollando nei sondaggi di opinione, soprattutto in Germania e in Francia.