Nagorno-Karabakh: analisi a confronto

Nota dell'Ambasciatore della Repubblica dell'Azerbaigian in Italia, S.E. Mammad Ahmadzada

Ho letto con molto interesse l’editoriale dell’On. Piero Fassino “Nagorno Karabakh, una guerra che riguarda anche noi”.

In primo luogo vorrei ringraziare per l’intervento sul tema, e per aver messo in rilievo l’importanza che l’Azerbaigian ricopre all’interno dell’area del Caucaso sia dal punto di vista geostrategico generale, che per il forte impatto sugli interessi italiani.

Allo stesso tempo, vorrei cogliere l'occasione per chiarire alcuni punti dell’editoriale. La regione del Nagorno Karabakh è la parte montuosa della regione del Karabakh, terra storica dell'Azerbaigian, ed è un territorio riconosciuto a livello internazionale del nostro Paese. Nel 1988 l’Armenia ha avviato rivendicazioni territoriali contro l’Azerbaigian per l’annessione della regione del Nagorno Karabakh, e nello stesso tempo ha espulso tutti gli azerbaigiani (più di 250 mila) dalle loro terre natali in Armenia. Dopo la dissoluzione dell’Urss, l’Armenia ha avviato un'aggressione militare contro l’Azerbaigian, occupando il 20% dei territori riconosciuti internazionalmente dell’Azerbaigian, inclusa la regione del Nagorno Karabakh e sette distretti adiacenti, realizzando una pulizia etnica contro tutti gli azerbaigiani (più di 750 mila) in questi territori ed anche compiendo crimini di guerra e un genocidio contro civili azerbaigiani nella città di Khojali. Oggi abbiamo oltre un milione di rifugiati e profughi azerbaigiani e non è rimasto un singolo azerbaigiano nei territori occupati. Tutti loro sono stati privati ​​del diritto di tornare nelle loro terre natali e persino di visitare le tombe dei loro familiari per 30 anni. L'Armenia, per coprire la sua aggressione, ha creato nei territori occupati dell'Azerbaigian un regime illegale, criminale e fantoccio, detto "repubblica del Nagorno Karabakh" o la “repubblica di Artsakh”, non riconosciuta da nessun paese, inclusa l'Armenia stessa.

Ci sono numerosi documenti internazionali, incluse quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che riconoscono la regione del Nagorno Karabakh come parte integrante dell’Azerbaigian, confermano la sovranità, l’integrità territoriale e l’inviolabilità dei territori riconosciuti internazionalmente dell’Azerbaigian e richiedono all’Armenia di ritirare le sue truppe dai territori occupati e il ritorno di tutti i rifugiati e profughi azerbaigaini nelle proprie terre, tutti ignorati da parte dell’Armenia.

L’Azerbaigian, nonostante l’occupazione dei suoi territori, ha cercato di risolvere pacificamente il conflitto, impegnandosi nei negoziati, nel quadro del Gruppo di Minsk dell’Osce. I negoziati, che si svolgano da circa 30 anni, non hanno portato nessun risultato, poiché l’Armenia, in questi anni, ha sempre cercato di sabotarli, al fine di prolungare il processo e perpetuare lo status quo. Le dannose azioni del primo ministro armeno Nikol Pashinyan negli ultimi due anni hanno inferto un duro colpo al processo negoziale, già molto delicato, rendendolo insensato. Il 27 settembre mattina le forze armate dell’Armenia hanno avviato una nuova aggressione militare contro l’Azerbaigian, avendo sottoposto gli insediamenti e le posizioni militari dell’Azerbaigian a bombardamenti da più direzioni, utilizzando armi di grosso calibro, mortai e installazioni di artiglieria di vario calibro. Le forze armate dell'Azerbaigian hanno attuato misure di controffensiva e ritorsione nel quadro del diritto all'autodifesa nel nostro territorio sovrano, al fine di garantire la sicurezza della popolazione civile, che vive vicino alla linea di contatto, e prevenire ulteriori aggressioni militari dell’Armenia. Data la superiorità dell'esercito azerbaigiano nei combattimenti, l'Armenia  ha preso di mira gli insediamenti dell'Azerbaigian. Oltre 60 civili azerbaigiani sono stati uccisi, compresi tre bambini e più di 300 civili azerbaigiani sono rimasti feriti per le bombe a grappolo delle forze militari dell’Armenia.

L’Armenia ha anche scatenato una propaganda di falistà contro l’Azerbaigian, che includono la presenza di fantasiosi mercenari islamici tra i nostri militari. Non ci sono prove che sostengano queste false accuse. C’è stato anche un capo di stato di un paese terzo, che nei primi giorni dopo il 27 settembre ha sostenuto queste ingannevoli affermazioni della parte armena, ma ora non torna più su questo argomento, dopo averne capito la falsità. Non sono vere neanche le affermazioni che la Turchia offra aiuto militare all’Azerbaigian, poiché il nostro esercito è in grado di liberare da solo i nostri territori sotto l’occupazione e di imporre all’Armenia la pace. La parte armena presenta questo come un conflitto religioso, quando invece di religioso non ha nulla. L’Azerbaigian è un paese multiculturale, dove convivono pacificamente tutte le religioni, e ne sono prova i numerosi monumenti religiosi appartenenti alle varie confessioni presenti nel nostro territorio tra cui, sinagoghe, chiesa cattolica, ortodossa, evagelica, compresa una chiesa armena nel centro di Baku, perfettamente conservata. Inoltre, l’Azerbagian intrattiene ottimi rapporti sia con il Vaticano che con Israele. La parte armena ha installato questi dubbi e ha scatenato queste falistà, per ottenere il favore dell’occidente, perchè il suo obiettivo è ad ogni costo di continuare l'occupazione dei territori dell’Azerbaigian e impedire il ritorno dei profughi azerbaigiani di tornare alle proprie terre.

Ringraziamo per gli inviti alla pace dell’editoriale, soprattutto perché provengono da parte dell’Italia, che ha una memoria istituzionale storica nei confronti del conflitto. Italiana fu infatti la prima presidenza dell’attuale Gruppo di Minsk dell’OSCE, nella persona di Mario Raffaelli, allora sottosegretario agli affari esteri. A quell’epoca risale anche l’ancora attuale proposta di adottare per il Nagorno Karabakh il modello italiano del Trentino Alto Adige, che credo sia uno dei molti elementi interessanti con cui l’Italia può dare un contributo alla soluzione del conflitto.

Gli interessi dell'Italia nel Caucaso meridionale, in particolare la sua forte cooperazione con l'Azerbaigian in tutti settori, a partire di quello energetico, sono motivi seri perchè l’Italia svolga un ruolo più attivo per una soluzione rapida e giusta del conflitto. Opportuno evidenziare che l’Italia e l’Azerbaigian sono partner strategici oltre che paesi amici. La firma della Dichiarazione Congiunta sul rafforzamento del partenariato strategico multidimensionale, tra il Presidente Ilham Aliyev e il Presidente Giuseppe Conte nel febbraio scorso a Roma, durante la visita di stato del nostro Presidente, ha sancito un vero salto di qualità nei nostri rapporti, andando oltre la dimensione energetica del partenariato. A tal proposito, questa dichiarazione congiunta conferma anche il reciproco sostegno all'indipendenza, alla sovranità, all'integrità territoriale e ai confini riconosciuti a livello internazionale di entrambe le parti, nonché all'inammissibilità di atti di aggressione nelle relazioni interstatali. Nel documento si sottolinea che le parti sostengono una risoluzione pacifica del conflitto del Nagorno Karabakh tra l’Armenia e l’Azerbaigian, sulla base dei principi fondamentali dell'Atto Finale di Helsinki, in particolare la sovranità, l’integrità territoriale e l’inviolabilità dei confini internazionali, come sancito nei pertinenti documenti e decisioni dell'ONU e dell'OSCE.