Lettera aperta ai Governi dei paesi membri e alle istituzioni dell’Ue da parte della comunità degli storici

Qui di seguito la lettera aperta di  Carlo Spagnolo, Vito Gironda,  Christian Jansen,  Massimiliano Livi:  un appello partito dagli storici com l'intento di giungere alla società civile italiana e tedesca per ridimensionare e riportare a livello scientifico il discorso sulla Germania e l'Europa.

----------------------------------------------------------------

In questi giorni stiamo discutendo molto di Europa e di manipolazioni del passato fatte per reclamare una monetizzazione della memoria della guerra o per negare aiuto ai paesi “viziosi”.

Il documento allegato nasce da una discussione tra i primi quattro firmatari sull’importanza di una presa di posizione degli storici contro la deriva antigermanica che si sta sostanziando con narrazioni non solo pericolose ma erronee. E questo non perché ci occupiamo di Germania, e sappiamo quanto il rapporto tra Italia e Germania abbia inciso sulla storia continentale, ma perché le distorsioni incidono sull’irrigidimento delle rispettive posizioni nella pubblica opinione.

Non prendiamo la parola a cuor leggero, ma per avvertire le massime cariche istituzionali di tutta l’UE che in assenza di scelte coraggiose e di un lungimirante e inedito intervento dell’Unione la crisi odierna potrebbe sfociare in una emergenza della democrazia.

Come storici vediamo con preoccupazione il frequente ricorso a stereotipi nazionali davanti a una emergenza che richiede analisi distaccate e visione di lungo periodo. Forse non tocca a noi fare da mediatori contro gli stereotipi che inevitabilmente ritornano in situazioni di crisi, e questa è una crisi seria: non soltanto quella sanitaria ma quella sociale ed economica che attende molti paesi europei quando l’emergenza passerà. Se il Pil cade del 2,5% per ogni mese di stop, si avrà nei paesi UE più colpiti dal virus una recessione di almeno il 7,5%; entro fine anno stime autorevoli parlano di una caduta del 10% del Pil in Italia. Dopo la recessione del 2008-2011, questa potrebbe essere letale e costringere i paesi più indeboliti a uscire dall’euro e avviare una crisi bancaria che coinvolgerebbe tutta l’Europa mediterranea e non lascerebbe indenni gli altri. Uno scenario troppo pessimista?

Chi ha studiato come le crisi possono trasformarsi in tragedie, in questa congiuntura dovrebbe cercare di portare l’opinione pubblica ad un livello più alto. I partner dell’UE si trovano davanti a scelte difficili e probabilmente irreversibili, insomma siamo davanti a quella che con qualche enfasi si può chiamare una “svolta storica”. Sembrano arrivati al pettine, assieme agli squilibri di una globalizzazione che ha privilegiato la finanza sull’economia reale, alcuni nodi irrisolti del Trattato di Maastricht e dell’Unione economica e monetaria. Le unioni doganali e gli accordi monetari senza una unità politica prima o poi finiscono. Se non si supereranno le asimmetrie strutturali, che l’emergenza sanitaria non può che aggravare, l’Unione potrebbe spezzarsi.

Qual è allora il nostro ruolo? Intendiamo mettere in luce che se la Germania riunificata non dovrebbe mai dimenticare le responsabilità storiche che nascono dal suo essere “centro” in Europa continentale, Francia, Spagna e Italia devono dimostrare di saper stare in piedi da sole e di essere all’altezza delle loro migliori tradizioni democratiche. Laddove questa prospettiva di equilibrio è stata persa di vista tutto il continente ne ha sofferto.  Il declino dell’Europa è un fenomeno storico irreversibile, e i membri dell’UE devono rendersi conto che insieme dispongono di un mercato interno sufficiente a reggere e governare questo declino. Nel breve termine, singoli gruppi di stati possono forse uscire dalla crisi anche da soli, ma alla lunga si troveranno subalterni a grandi potenze militari. Se si spezzassero ancora una volta i fili dell’Europa (non solo dell’UE) precipiteremmo in una storia di conflitti che conosciamo troppo bene. 

Due guerre mondiali e i fascismi dovrebbero averci resi edotti che le colpe del declino sono state europee. Dopo il 1945 il prezzo è stato la divisione del continente e la sua supervisione affidata a due superpotenze. La Repubblica federale tedesca non dovrebbe dimenticarsi di essere stata ricostruita dagli alleati per essere al servizio dell’occidente in una prospettiva di crescita democratica in chiave anticomunista. Il suo Stato di diritto è strettamente intrecciato con un’integrazione europea che, nata in quel contesto, ha cercato di trascenderlo. Nel 1989 si è persa, forse, l’occasione per un passo più coraggioso verso una vera costituente. Quanto ha contribuito a quell’esito l’insufficiente elaborazione storica del declino? 

Se l’argomento moralista per cui la Germania dovrebbe oggi restituire le riparazioni di guerra che le sono state condonate dagli alleati non ha senso, specie se sostenuto da paesi ex-fascisti, altrettanto inadeguato è il rifiuto degli Stati “virtuosi” di riconoscere i vantaggi tratti dal mercato comune e la conseguente richiesta di una ulteriore austerity a paesi che subiscono tagli inaccettabili al Welfare da molti anni. Le lezioni della storia vanno tratte su un piano più generale: la memoria della complessiva sconfitta del continente avvenuta nel 1945 va assunta come perno di una obbligazione condivisa verso la democrazia, la giustizia sociale e la pace, a cui l’economia deve essere funzionale. 

Oggi si tratta di guardare lontano, garantire degli standard comuni nei salari e nel Welfare, restituire prospettive di futuro alle giovani generazioni, insomma affidare all’UE compiti che gli Stati nazionali, nati in una risalente epoca storica, non possono assolvere, quali la sicurezza collettiva, la sostenibilità ambientale, le grandi infrastrutture delle telecomunicazioni e la ricerca di base su vasta scala. Molto è stato fatto e sarebbe colpevole disperderlo davanti a nazionalismi risorgenti.

Non si tratta soltanto di salvaguardare i creditori dai debitori quanto di pensare un futuro collettivo e dotarsi di strumenti per attuarlo. A tutti è evidente che i paesi debitori hanno delle gravi responsabilità nelle inefficienze dei rispettivi sistemi sanitari e fiscali ma dovrebbe essere altrettanto chiaro che non esiste nessuna colpa collettiva dei debitori, così come abbiamo imparato che nessuna generica colpa collettiva spiega i fascismi e le guerre. Quali colpe si vorrebbero imputare ai lavoratori dipendenti dei paesi debitori? E i paesi più ricchi non dovrebbero riconoscere le asimmetrie che li favoriscono, ad esempio un inferiore costo del denaro che falsa la competizione nel mercato unico? Perché si mantengono i salari così bassi persino nei paesi con elevatissimi surplus commerciali, deprimendo la domanda interna europea, e impedendo una solidarietà tra i lavoratori?

Gli storici possono invitare i governi e le istituzioni dell’Unione a guardare il presente con distacco e riconoscere che la crisi in atto è stata preceduta da molti segnali di allarme che sono stati disattesi. Le responsabilità morali dei governi non possono essere dismesse per le inadeguatezze di singoli componenti.  I fili della democrazia e dell’integrazione europea sono così strettamente intrecciati che se viene meno l’ultima, anche la prima sarà in pericolo. Anzi, lo è già. 

Auguriamoci che a governare le scelte sia non la logica degli interessi immediati ma una visione di lungo termine delle sfere vitali dei cittadini che spetta alla politica interpretare.  Laddove non sappia svolgere il proprio ruolo di compromesso creativo, essa si semplifica e diventa apocalittica. 

Firmatari:

Carlo Spagnolo, Università di Bari

Vito Gironda, Università di Bielefeld

Christian Jansen, Università di Treviri

Massimiliano Livi, Università di Treviri

Paolo Pombeni, Università di Bologna

Stefano Cavazza, Università di Bologna

Brunello Mantelli, Università della Calabria

Laura Di Fabio, Università di Treviri

Jacopo Ciammariconi, Università di Treviri

Francesco Leone, Università di Treviri

Marica Tolomelli, Università di Bologna

Deborah Cuccia, Stiftung Universität Hildesheim, Institut für Geschichte

Carolina Castellano, Università di Napoli Federico II

Sara Lorenzini, Università di Trento

Andrea Di Michele, Università di Bolzano

Alessia Terrinoni, WWU Münster

Silvia Del Zoppo, Università di Milano/Universität Heidelberg

Lucrezia Ranieri, Università della Tuscia

Beatrice Benocci

Andrea D’Onofrio, Università degli Studi di Napoli Federico II/SISCALT

Filippo Triola, Università di Bologna

Filippo Focardi, Università di Padova

Pierluigi Pironti, Stiftung Topographie des Terrors/Dokumentationszentrum NS-Zwangsarbeit, Berlino

Daniele Toro, Università di Bielefeld

Stefan Laffin, Università di Bielefeld

Costanza D’Elia, Università di Cassino

Alessandro Salvador, University of Nottingham

Fiammetta Balestracci, German Historical Institute of London

 Umberto Tulli, Università di Trento

Daniela Saresella, Università degli Studi di Milano

Valentine Lomellini, Università di Padova

Giuliana Laschi, Università di Bologna

Raffaello Pannacci, Università di Perugia

Federico Trocini, Università degli Studi di Torino

Antonio Bonatesta, Università di Padova

Serge Noiret, European University Institute 

Leonardo Rapone, Università della Tuscia

Nicola Camilleri, Università di Padova

Giovanna D’Amico, Università di Messina 

Simone Neri Serneri, Università di Firenze

Marco Bresciani, Università di Firenze

Sebastian De Pretto, Basilea

Roberto Sciarrone, Sapienza Università di Roma

Alexander Kraus, Institut für Zeitgeschichte und Stadtpräsentation der Stadt Wolfsburg

Nicola Bassoni

Maria Salvati, già Università di Bologna

Gabriele D’Ottavio, Università di Trento

Enrico Acciai, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”

Paolo Zanini, Università degli Studi di Milano

Bianca Gaudenzi, Istituto Storico Germanico di Roma/Università di Cambridge

Bottecchia Giordano, Université Paris 8

Mario De Prospo, Università degli studi di Pavia

Jacopo Perazzoli, Università degli Studi di Milano

Gabriele Clemens, Universität des Saarlandes

Federico Trocini, Università degli Studi di Torino

Alfonso Botti, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

Gaetano Morese

Luca Fenoglio, University of Leicester

Armando Pitassio, già Università degli studi di Perugia.

Steven Forti, Universitat Autònoma de Barcelona / IHC-Universidade Nova de Lisboa

Nicola Labanca, Università di Siena

Massimo De Giuseppe, Univ. di Milano

Monica Fioravanzo, Università di Padova

Andrea Baravelli, Università di Ferrara

Stefano Musso, Università di Torino

Nicola Labanca, Università di Siena

Antonio Fino, Università del Salento (in pensione)

Marco Palla, Università di Firenze (in pensione)

Martin Sabrow, Leibniz-Zentrum für Zeithistorische Forschung, Potsdam

Margherita Angelini, Università di Padova (cultrice) e insegnante

Giuseppe Iglieri, Università degli Studi di Cassino e del Lazio meridionale

Mirco Dondi, Università di Bologna

Luciano Zani, Sapienza Università di Roma

Enrico Palumbo, Università IULM

Andrea Santangelo, Università di Tuebingen

Luciana Mella, Düsseldorf

Patricia Chiantera, Università di Bari

Alberto Basciani, Università Roma Tre

Paolo Pezzino, Università di Pisa

Toni Ricciardi, Université de Genève

Andrea Azzarelli, Società Napoletana di Storia Patria

Luciano Segreto, Università di Firenze

Maurizio Ridolfi, Università della Tuscia e di Roma Tre

Xosé M. Núñez Seixas, Universidade de Santiago de Compostela

Federico Romero, Istituto Universitario Europeo

Petra Terhoeven, Universität Göttingen

Vittorio Vidotto, Roma

Anke Silomon,

Stiftung Garnisonkirche Potsdam

Valerio Torreggiani, Universidade de Lisboa

Riccardo Piccioni, Università di Macerata

Fabio Zucca Università dell’Insubria

Emanuele Gatti, Danube University Krems (Ö)

Werner Daum, FernUniversität in Hagen

Renato Camurri, Università di Verona

Massimiliano Aloe, Rende

Riccardo Mario Cucciolla, LUISS

Roberta Pergher, Indiana University

Edmondo Montali, Fondazione Giuseppe Di Vittorio Roma 

Luciano Tosi, Università degli studi di Perugia

Federico Mazzini, Università di Padova

Raoul Pupo, Università di Trieste

Angela Villani, Università di Messina

Fabio Zucca, Università dell’Insubria

Giancarlo Pellegrini Università di Perugia

Monica Fioravanzo, Università di Padova

Francesco Villani, Università degli Studi di Napoli Federico II

Thomas Großbölting, WWU Münster

Gabriele Metzler, Humboldt-Universität zu Berlin

Paolo Carusi, Università Roma Tre

Paolo Raspadori, Università di Perugia

Thomas Welskopp, Universitá di Bielefeld

Andrea Becherucci, European University Institute

Elena Dagrada, Università degli Studi di Milano

Luca Lecis, Università degli Studi di Cagliari

Stefano Magagnoli, Università degli Studi di Parma

Dorothea Wohlfarth, Deutsches Archäologisches Institut Rom

Antonino Baglio, Università degli Studi di Messina

Simon Unger-Alvi, Deutsches Historisches Institut in Rom

Matthias Springborn, Doktorand, Universität Potsdam

Giorgio Grimaldi, Università degli Studi di Genova

Julian Traut, Monaco di Baviera

Maddalena Alvi, University of Cambridge

Kordula Wolf, Deutsches Historisches Institut in Rom

Livio Zerbinati, ISERS

Daria De Donno, Università del Salento

Maria Antonella Fusco, Mibact (in pensione)

Cristina Cavallaro, Università degli studi di Torino

Antonio Carbone, Deutsches Historisches Institut in Rom

Cinzia Venturoli, Bologna

Chiara Ottaviano, Cliomedia Public History, Torino

Tiziano Torresi, Università degli Studi Roma Tre

Angelo Ventrone, Università degli Studi di Macerata

Enrica Salvatori, Università degli Studi di Pisa

Dietmar Süß, Universität Augsburg

Thomas Kroll, Friedrich-Schiller-Universität Jena

Michael Wildt, Humboldt-Universitaet zu Berlin 1

Costanza Calabretta

Giorgio Mezzalira, Bolzano/Bozen

Christina Morina, Universität Bielefeld

Giuseppe Trebbi, Università di Trieste

Luca Renzi, Università di Urbino Carlo Bo

Christoph Lorke, WWU Münster

Michael Gehler, Stiftung Universität Hildesheim

Gabriele Paolini, Università di Firenze

Giovanni Bernardini, European University Institute

Emanuela Costantini, Università degli Studi di Perugia

René Moehrle, Universität Trier

Vincenzo Schirripa, Lumsa

Ubaldo Villani-Lubelli, Università del Salento

Lucia Ceci, Università di Roma Tor Vergata

Frank Bösch, Universität Potsdam/Leibniz-Zentrum für Zeithistorische Forschung (ZZF)

Eva Schlotheuber, Universität Düsseldorf/ Vorsitzende des Verbandes der Historiker und Historikerinnen Deutschlands

Till Kössler, Universität Halle-Wittenberg

Anna Maria Schmidt, Universität Duisburg-Essen

Andrea Sangiovanni, Università degli studi di Teramo

Edoardo Borruso, Università Bocconi Milano (in pensione)

Andrea Azzurrini, Università Trier

Jens Späth, Universität des Saarlandes

Florian Hartmann, RWTH Aachen University

Thomas Etzemüller, Universität Oldenburg

Edith Pichler, Centre for Citizenship, Social Pluralism and Religious Diversity

Gianfranco Macrì, Università di Salerno

Emma Mana, Università degli studi di Torino

FIRMA ANCHE TU