di José Antonio Viera-Gallo

Cile: un processo costituente originale

Il prossimo 25 ottobre si terrà in Cile un referendum con il quale i cittadini dovranno pronunciarsi sulla convocazione di una Convenzione Costituzionale che elabori una nuova Costituzione. Siamo dunque all’inizio della campagna referendaria, nel quadro delle restrizioni imposte dalla pandemia.

Il referendum è frutto dell’accordo raggiunto il 15 settembre 2019 fra le principali forze politiche per un processo di riforma costituzionale che prevede tre passaggi: un primo referendum, una Convenzione Costituzionale (nel caso nel referendum prevalga il sì) e un referendum finale sulla nuova Costituzione.

La Convenzione ha come unico compito l’elaborazione di un nuovo testo costituzionale la cui approvazione richiede il voto di un quorum piuttosto alto, pari ai due terzi dei membri della Convenzione: ciò rende indispensabile un accordo fra le principali tendenze culturali e politiche del paese. La Convenzione avrà una durata di nove mesi, che potrà essere ampliata una sola volta per altri tre mesi. La Convenzione non potrà interferire con l’attività degli altri organi dello Stato. La nuova Costituzione dovrà descrivere una Repubblica democratica, rispettando i trattati internazionali ratificati dal Cile – fra cui quelli riguardanti i diritti umani – e tutte le sentenze già pronunciate.

Si tratta di un processo diverso da quelli conosciuti come “nuovo costituzionalismo latinoamericano” riconducibile al modello bolivariano: pensiamo a quanto avvenuto in Venezuela, Ecuador e Bolivia, dove tali processi sono stati il prodotto di una rottura costituzionale e si sono svolti in presenza di un partito o movimento egemonico. In quei paesi l’Assemblea costituente ha assunto i pieni poteri, con esiti diversi: in Venezuela e in Bolivia si sono manifestate crisi costituzionali, mentre in Ecuador il sistema è sottoposto a forti tensioni.

In Venezuela, Bolivia ed Ecuador ci si è affidati a un “potere costituente originario”, mentre nel caso cileno siamo dinnanzi a un “potere costituente derivato”, regolato, in cui l’organo chiamato a elaborare la nuova Costituzione è parte dello Stato, sia pure per un periodo di tempo limitato: si tratta dunque di un potere de iure, non de facto.

Il percorso cileno è diverso anche da quelli che hanno avuto luogo in Colombia, Perù e Argentina, dove si può parlare di processi irregolari, nel senso che non hanno rispettato pienamente il diritto vigente e hanno ricavato la propria legittimazione dal consenso politico di cui godevano.

Se il processo cileno avrà il successo che gli auguriamo, ci lasceremo alle spalle la Costituzione nata durante la dittatura. È vero che essa è già stata profondamente modificata durante la transizione alla democrazia ma non ha mai raggiunto una piena legittimità d’esercizio, come reclamato dal movimento sociale di protesta che nell’ottobre 2019 ha scosso il paese. Su quella Costituzione i settori più conservatori hanno esercitato una sorta di potere di veto rispetto ai cambiamenti sociali a causa dell’alto quorum richiesto per l’approvazione di talune leggi, situazione che l’attuale percorso dovrebbe cambiare.

         È una grande sfida. C’è da sperare che le diverse forze politiche prestino attenzione alla storia del paese e alla sua cultura costituzionale piuttosto che autopie ideologiche di repubbliche immaginarie che non sono mai esistite né mai esisteranno, come affermava Niccolò Machiavelli. Ciò permetterebbe di raggiungere un accordo trasversale per un nuovo tipo di repubblica che sia la casa comune in cui si possa tutti convivere e collaborare, protetti dalla legge. Molti hanno come punti di riferimento l’esperienza post-bellica in Italia e quella della Spagna post-franchista.

Il successo di questa impresa dipenderà in gran parte dal clima sociale e politico del paese e dai gruppi dirigenti dei diversi settori.

Il documento che qui pubblichiamo in allegato  - del Centro de Políticas Públicas de la Universidad Catolica - intende fornire un quadro più ampio del processo in corso, tenendo conto della recente esperienza cilena della storica transizione alla democrazia, con le sue conquiste e i suoi limiti.