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Politica

A Kiev è nata una nuova Europa

21 June 2022
Massimo Nava - Editorialista Corriere della Sera

Dimitri Medvedev ha definito Draghi, Macron e Scholz i « fan europei di spaghetti, salsicce e rane ». Lo stereotipo culinario come arma di sarcasmo politico non è una novità. Francesi e tedeschi erano mangiatori di rane e salsicce anche per gli americani, dopo il no di Parigi e Berlino alla guerra in Irak. Questione di punti di vista che tuttavia - un po’ come i pregiudizi e i luoghi comuni - sono anche un segno dei tempi. Per quanto rozzo, il sarcasmo di Medvedev in occasione della visita a Kiev dei leader dei tre maggiori Paesi europei ci conferma infatti come la giornata del 16 giugno sia stata davvero storica per l’Europa. Nulla sarà più come prima.

Draghi, Macron e Scholz hanno rotto ogni indugio per aprire in modo netto le porte dell’Europa all’Ucraina. È un cambio di passo importante, anche se nessuno si nasconde che il processo di adesione, pur volendo concedere una corsia preferenziale, sarà lungo. Questo spiega la reazione stizzita di Mosca. Salsicce, spaghetti e rane ci dicono insomma quale sia la tavola apparecchiata per Kiev, quanto l’Ucraina sia definitivamente entrata nella cultura e nella logica politica del Vecchio Continente, quanto la rottura dei residui legami linguistici e culturali con Mosca sia probabilmente irreversibile, a prescindere dai pezzi di territorio che la Russia continuerà ad occupare o riuscirà a strappare.

E sopratuttto quanto questo passo disegni una diversa road map per la pace: non più secondo ipotesi di concessioni territoriali alla Russia o di compromessi al ribasso, ma secondo valutazioni e decisioni che spetteranno esclusivamente al popolo ucraino e al governo di Kiev. L’Europa ha deciso compatta da che parte stare, hanno detto all’unisono i tre leader dei Paesi fondatori.

È stato emozionante ascoltare Mario Draghi parlare di una "giornata storica per l'Europa". È stato un modo per mettere da parte le piccole beghe, per voltare pagina rispetto all'episodio "non dobbiamo umiliare Putin".

Gli shock che si sono susseguiti dopo la crisi finanziaria del 2008 avrebbero potuto spazzare via l'Unione europea; l'hanno invece rafforzata e trasformata. L'Unione ha resistito all'ondata populista culminata nella Brexit. La pandemia ha sancito la solidarietà tra i 27 Stati membri, con il coordinamento dell'ordine e della distribuzione dei vaccini e il lancio del pacchetto di stimoli UE di 750 miliardi di euro. L'invasione russa dell'Ucraina ha trasformatoo l'Unione costringendola ad agire come una potenza, dall'aiuto militare a Kiev alla riduzione della dipendenza energetica dalla Russia. L’Europa sta cambiando pelle, sta finalmente diventando un attore geopolitico. Nel frattempo si sta spostando il centro di gravità a est e a nord.

Nuovi allargamenti, dall’Ucraina ai Balcani, e il ridisegno dell’Alleanza Atlantica comporteranno a breve termine anche nuove sfide, sia sul piano della “governance”, sia sul piano della politica di difesa.

Nel 2003, gli Stati Uniti, con la presidenza Bush, avevano messo la Nuova Europa (rappresentanti dai nuovi membri dell’Est) contro la Vecchia Europa - incarnata da Francia e Germania - spingendo le nuove democrazie a sostenere la guerra in Iraq. “Era meglio che stessero zitti”, fu una frase sprezzante attribuita al presidente francese Jacques Chirac.

 Successivamente, sono aumentate le tensioni con i Paesi di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) sulla libera circolazione dei lavoratori, sui flussi migratori, sullo Stato di diritto. Tensioni culminate in rapporto al modello illiberale promosso dall'Ungheria di Viktor Orban, che incoraggia i movimenti populisti e resta ambiguo nei confronti di Mosca.

Oggi, l’Europa centrale e orientale, con in testa la Polonia, svolge un ruolo decisivo nell'aiutare l'Ucraina e nel resistere alle mire della Russia. Ospita la maggior parte dei 6,6 milioni di rifugiati ucraini; organizza la logistica delle attrezzature civili e militari di Kiev; trasferisce all'esercito ucraino i sistemi d'arma ereditati dall'Unione Sovietica; ospita la maggior parte delle truppe e delle attrezzature inviate dagli Stati Uniti.

I cambiamenti sono altrettanto rapidi e profondi nel Nord Europa. Dopo che Svezia e Finlandia hanno chiesto l'adesione alla NATO, ponendo fine alla loro neutralità, il referendum danese ha approvato l'integrazione nella politica di sicurezza e difesa dell'Unione Europea. Per la prima volta, tutti i Paesi scandinavi e baltici fanno parte di un quadro di sicurezza comune.

L’Europa occidentale, cuore e il motore della costruzione europea, è stata costretta dall’aggressione di Mosca a cambiare registro. La Germania riduce la dipendenza dall'energia russa e ridefinisce la propria strategia di riarmo. La Francia sembra avere raffreddato la strategia del dialogo aperto con il Cremlino per schierarsi senza indugi con Kiev. Soltanto pochi giorni prima del viaggio in Ucraina, il presidente Macron sottolineava la necessità di “non umiliare Mosca” e indicava a Kiev una strada lunga e tortuosa per il suo ingresso in Europa.

Lo spostamento dell'Unione verso est e verso nord significa scegliere gli Stati Uniti e la Nato per scopi militari, eliminare la dipendenza dagli idrocarburi russi e allargare l'Unione ai Balcani e all'Ucraina.

La guerra in Ucraina sta costringendo l'Unione a rifondarsi come potenza, l'Europa orientale e settentrionale non è più periferica, ma diventa il nuovo asse centrale. É un “rivoluzione” che costringerà Parigi e Berlino a riflettere sulle nuove condizioni in cui continuare a fare girare il motore franco-tedesco.