Marocco - centro di tensioni sul Mediterraneo

Antonella Cirulli
Esperta di politiche migratorie nell' UE

Il Marocco nell’ultimo periodo, e a seguito della prolungata crisi pandemica, sta vivendo una fase di contrazioni, sia a livello interno che esterno, non solo dovute alle ripercussioni geopolitiche provocate sul versante economico della guerra in Ucraina, ma anche alla politica del governo di Aziz Akhannouch, insediatosi nel 2021, e all’adozione di strategie conflittuali nei confronti di Spagna e Algeria.

L’ordinamento sta dando molteplici segnali di problematiche sia interne che esterne, con aumenti dei prezzi (anche recentemente) di gasolio e benzina, alimenti, e problemi di gestione dei propri asset. Per maggiore chiarezza di analisi è opportuno ricordare che il Marocco è attualmente la sesta maggiore economia del continente africano.

La crisi alimentare, con una limitazione dell’approvvigionamento del grano, in combinato con la crisi energetica, e le tensioni per le forniture di gas con il gasdotto dell’Algeria, Maghreb-Europe (GME), hanno composto un quadro destabilizzante per l’equilibrio sociale generale del paese. Sullo sfondo troviamo una crescente inflazione per l’acquisto di alimenti o beni di prima necessità, innescata da uno sproporzionato livello dei prezzi delle materie prime a livello globale strettamente connesso ad un calo della produzione agricola. Proprio questo elemento è da tenere in costante considerazione: dalla siccità verificatasi a gennaio di quest’anno, i cambiamenti climatici sono infatti uno dei principali fattori scatenanti della instabilità produttiva alimentare del Marocco. Il 20% di grano proviene dai mercati del circuito russo ed ucraino, una restante porzione d’importazione della materia prima proviene dalla Francia e dal Canada. Questi partner commerciali, ovviamente, per esigenze di protezione del loro sistema economico, tendono, a seguito dell’avvento del conflitto ucraino, a mantenere grandi quantità di prodotti nel proprio mercato interno.

Ritornando sulla questione della crisi energetica che sta attraversando il Marocco, bisogna sottolineare un elemento fattuale di grande rilevanza sulle strategie adottate per i gasdotti nell’area geografica del Maghreb: il non rinnovato contratto di utilizzo del gasdotto Mghreb- Europe. Il gasdotto in questione aveva il compito di trasportare il gas algerino in Spagna attraverso il Marocco. Le tensioni si sono avute con l’accordo bilaterale tra Marocco e Spagna nell’utilizzo di rigassificatori spagnoli. La reazione dell’Algeria non si è fatta attendere, con un’azione decisiva nell’interruzione del contratto di fornitura con la Spagna dell’altro gasdotto, Medgas.

I tasselli del mosaico pocanzi descritto hanno delineato un triangolo di tensioni diplomatiche nel Mediterraneo tra Marocco, Algeria e Spagna che principalmente coinvolge la questione energetica, ma non solo.

Una questione altrettanto delicata e che si protrae da decenni (per l’esattezza da 40 anni), è quella legata al territorio del Sahara Occidentale. L’area geografica in questione è un territorio della fascia nordoccidentale che si affaccia sull’Oceano Atlantico e comprende un vasto entroterra prettamente desertico.  Il posizionamento delle coste atlantiche, al confine tra Marocco, Mauritania e Algeria ha un valore naturalistico ed economico di grande rilevanza per i suoi giacimenti minerari di fosfati petrolio/gas, uranio e titanio. Contestualmente, lungo le coste, si è sviluppata negli anni una fiorente economia legata allo sfruttamento delle attività di pesca estensiva. In questo contesto, insediata da decenni, è la popolazione saharawi, nata dell’unione tra etnie locali di lingua berbera e tribù arabe giunte verso il XIII secolo, di fede musulmana sunnita, lingua araba e cultura tribale beduina.

La popolazione saharawi è però frammentata e divisa tra i campi rifugiati in Algeria, e il Sahara occidentale, sotto giurisdizione marocchina, in una zona delimitata da un muro di separazione lungo 2.250 km, costruito dalle autorità marocchine tra il 1981 e il 1997. La barriera divide de facto il Paese da nord a sud; separando le zone economicamente più importanti occupate dal Marocco nell’occidente da quelle sotto il controllo del Frente popular de liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro, ovvero il Fronte Polisario, nella parte orientale.

Il Marocco rivendica la sovranità nazionale su questo specifico territorio, (area occidentale) occupandone i due terzi, e soffocando le ambizioni del popolo saharawi nella zona orientale. Nel marzo di quest’anno, come era prevedibile, le tensioni si sono però violentemente riaccese.

Ripercorrendo le vicende storiche di questo complesso segmento del Mediterraneo si può avere un quadro più chiaro della storia tormentata che la caratterizza, sia sul fronte interno del Sahara Occidentale che su quello internazionale. Prima di procedere è bene però chiarire che la sovranità marocchina sul Sahara Occidentale è stata riconosciuta con una dichiarazione del Presidente statunitense Trump nel dicembre 2020.

A partire dall’indipendenza del Marocco e con la fine del protettorato francese nel 1956, la Spagna non abbandonò le due enclave di Ceuta e Melilla sulla costa nord del Marocco, né la colonia del Sahara Occidentale in cui, pochi anni prima, erano stati scoperti importanti giacimenti.  Nel 1988 ha inoltre ricevuto il compito, al livello internazionale, di gestire il processo referendario ai fini dell’autodeterminazione del popolo saharawi del Sahara Occidentale, con la mediazione dell’ONU, e a questo proposito fu attivata nel 1991 la missione MINURSO.

Ricostruire le vicende e le molte crisi avvicendatesi non è semplice e travalica le possibilità di queste pagine, ma vale la pena ricordare come tra il 1965-1966 furono approvate, con la non opposizione spagnola, due risoluzioni ONU che ribadirono il diritto del popolo saharawi a decidere con referendum se creare il proprio Stato o unirsi ad uno Stato esistente. Proprio in questa fase si rafforzarono gli obiettivi e animi indipendentisti del popolo saharawi. Precisamente nel 1967 si costituì il Movimento di Liberazione del Saguia el-Hamra e del Rio de Oro, primo movimento saharawi a rivendicare l’indipendenza. All’inizio degli anni Settanta, le frange indipendentiste si trovarono a contrastare, parallelamente, sia l’occupazione spagnola che le rivendicazioni territoriali del Marocco. Il movimento indipendentista saharawi decise quindi di affrontare le rivendicazioni marocchine e Spagnole, non più in forma pacifica, ma con la costituzione di una resistenza organizzata, optando, nel 1973 per la fondazione del Fronte Polisario.

Seguono gli Accordi di Madrid, del 14 novembre 1975, in cui la Spagna decise di abbandonare il Sahara occidentale lasciando di fatto la contesa in mano a Marocco ed al Fronte di resistenza Polisario. La decisone principale fu quella di dividere il territorio tra il Marocco e la Mauritania, mentre la Spagna riuscì a negoziare il 35% delle miniere di fosfato e diritti di pesca nelle acque locali per i dieci anni successivi. Con il venir meno dell’ingombrante presenza spagnola, Marocco e Mauritania hanno aumentato la presenza di forze armate, militarizzando completamente l’area del Sahara Occidentale.

La nascita della Repubblica Araba Democratica del Sahrawi, con la conseguente divisione del restante territorio attraverso una barriera fisica, è l’elemento responsabile, negli anni a seguire, di un imponente fenomeno migratorio nei campi profughi di Tindouf, in Algeria. Ad ottobre del 2020, ha avuto luogo una protesta pacifica del popolo saharawi contro l’indiscriminato sfruttamento delle risorse naturali presenti nel Sahara Occidentale da parte del Marocco. Elemento cruciale della rivendicazione marocchina e dei conseguenti conflitti decennali, è proprio la ricchezza di materie prime che questa limitata regione detiene, ed in cui anche la Spagna ha interesse a mantenere una porzione di fonti di approvvigionamenti. Le tensioni sono sfociate in fenomeni altamente repressivi da parte delle autorità marocchine. Su queste ultime grava non solo una responsabilità politica sulla dinamica storica in analisi, ma anche sul recentissimo sconfinamento alla frontiera dell’ex enclave di Melilla, il 24 giugno scorso.

In quell’occasione, ben 2000 persone hanno tentato di varcare la frontiera tra Marocco e Spagna. 133 migranti sono riusciti a oltrepassare il filo spinato, 27 sono invece le vittime accertate da fonti marocchine, ma tale bilancio viene contestato da molte associazioni umanitarie locali. Il Marocco è stato definito dal Premier Spagnolo Sanchez “un paese di transito”, dove reti della criminalità organizzata transfrontaliera commettono reati di tratta di esseri umani, controllando i flussi migratori. Anche per questa ragione, il Marocco aveva aperto una crisi diplomatica con la Spagna, inizialmente lamentando la chiusura dei confini dovuta alle limitazioni imposte alla mobilità dalla pandemia. Solo nell’aprile del 2022 sono infatti stati riaperti i valichi di accesso terrestri, marittimi e aerei, ed è proprio in occasione del ripristino dei collegamenti che è accaduta la tragedia di Melilla, a cui si è già fatto riferimento.

Nell’aprile 2022, è stato raggiunto un nuovo accordo bilaterale tra Marocco e Spagna. Le questioni sul tavolo coinvolgono gli elementi conflittuali mai sopiti e le future prospettive regionali. Il Marocco ha rinunciato alle 2 ex enclave Ceuta e Melilla sulle coste del Mediterraneo marocchino, mentre la Spagna ha riconosciuto la sovranità marocchina sul Sahara Occidentale. Il Presidente Sanchez ha contestualmente riconosciuto l’importanza della questione del Sahara Occidentale per il Marocco appoggiando il piano di risoluzione del 2007. Parallelamente, il secondo punto fermo dell’accordo è l’entrata in vigore del Nuovo Accordo di Cooperazione in materia di sicurezza e lotta alla criminalità transfrontaliera tra i 2 paesi.

Questa nuova fase di accordi diplomatici ha però provocato nuove tensioni trilaterali con l’Algeria. Il Marocco sta alzando il livello di scontro rivendicando, in un momento storico di forte crisi economica ed energetica, questioni quali l’egemonia sul Sahara Occidentale e sollevando il tema delle migrazioni verso il confine europeo, pressando il governo spagnolo con la minaccia di ritorsioni sugli accordi commerciali.

Il motivo del contendere tra Marocco, Algeria e Spagna, tra il diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi, l’impossessamento di giacimenti di materie prime e le reti di gasdotti per la distribuzione - ora più che mai fondamentali a seguito dell’attuale crisi energetica - è il primato geopolitico su questo versante del Mediterraneo, a cui si lega l’annosa questione della gestione dei flussi migratori verso l’UE provenienti dal Marocco e il più ampio tema dell’autodeterminazione dei popoli. L’approccio diplomatico assunto dalla Spagna in questi mesi, dall’accordo bilaterale con il Marocco, è quindi di compromesso indebolito: il governo spagnolo ha infatti deciso di bilanciare le possibili entrate massicce di migranti con il riconoscimento dell’egemonia sovrana del Marocco nella regione, mettendosi al riparo da possibili ricatti commerciali delimitatori nelle coste atlantiche e nel Sahara occidentale, ma gettando nuove ombre sul futuro del popolo saharawi.