Sicurezza energetica come strumento di pace: Italia ed Europa alla sfida del Mediterraneo allargato

Laura Garavini
Vicepresidente Commissione Affari Esteri, Senato della Repubblica

Il protrarsi della guerra in Ucraina e le sue conseguenze a livello globale ci stanno costringendo ad affrontare con urgenza questioni articolate. A partire dalla necessità di svincolarci dalla dipendenza energetica da un unico fornitore, e dalla ridefinizione del ruolo dell’Europa nel nuovo mondo post pandemia. Due questioni per risolvere le quali, il Mediterraneo allargato può offrire importanti vie d’uscita.

In questa macro-regione, che parte da Gibilterra ed arriva ad abbracciare Medio Oriente e Mar Nero, si intersecano infatti grandi sfide. Da quella migratoria, con le possibili nuove partenze collegate alla crisi alimentare innescata dalla carenza del grano, a quella ecologica, in considerazione del fatto che proprio qui transita un terzo del commercio marittimo mondiale con il relativo impatto, anche in termini di sostenibilità ambientale. Fino alla transizione energetica. Non bisogna infatti dimenticare che, nel lungo termine, anche i Paesi del Medio Oriente, la cui economia é oggi praticamente tutta focalizzata sulla produzione ed esportazione di carbon fossile, vedranno la necessità di un percorso di riconversione.

In quest’ottica, la conversione energetica può diventare una delle direttrici lungo la quale costruire progresso e pace. Attraverso una più intensa cooperazione tra Stati Europei e del Mediterraneo allargato per la diversificazione delle fonti energetiche e il sostegno allo sviluppo dei Paesi fornitori. Ingenti investimenti nella produzione di energie rinnovabili in Paesi del Mediterraneo allargato da parte dell’Europa possono rivestire un ruolo di rilievo sia dal punto di vista economico che geopolitico. Questo ci permetterebbe di perseguire più obiettivi.

Innanzitutto ci sottrarremmo dalla situazione di dipendenza energetica dalla Russia, che tanti problemi ci sta creando proprio in queste settimane. Diversificheremmo inoltre le fonti, privilegiando solo quelle rinnovabili, perseguendo così gli obiettivi di riduzione delle emissioni nocive e di contrasto al surriscaldamento climatico a cui ci siamo impegnati con la Cop26 e con il programma europeo Fit for 55. Promuoveremmo poi lo sviluppo della macroregione del Mediterraneo allargato, creando in loco opportunità di sviluppo tali da rendere meno attraente l’emigrazione verso l’Europa.

La conversione energetica potrebbe essere quindi quel game changer in grado di cambiare gli equilibri della macro-regione. Pur nella sua drammaticità, infatti, il particolare momento storico che stiamo attraversando spinge verso cambiamenti in questa direzione. Portando a ripensare il ruolo e la dimensione dei rapporti tra l'Europa e il suo Sud. I Paesi del Mediterraneo allargato stanno subendo pesanti conseguenze per lo scoppio della guerra in Ucraina. Nonostante l'aumento dei prezzi dell'energia abbia in parte giovato ad alcuni Paesi esportatori di idrocarburi, come l'Algeria e gli Stati del Golfo, nel complesso il conflitto ha avuto un impatto economico drammatico sulla regione. Pensiamo solo alla sicurezza alimentare. Russia e Ucraina sono tra i primi fornitori di cereali per molti Paesi del Mediterraneo allargato. Con il blocco del grano nei porti, Stati come Tunisia ed Egitto rischiano implosioni sociali. Conflittualità che si sommano ai teatri di guerra regionali già in essere. Crisi radicate, come la Libia, tuttora divisa in due. Lo Yemen, dove il conflitto è ancora in corso. O ancora la Siria, con il regime di Bashar al-Assad.

Ci troviamo quindi di fronte ad un’area soggetta a tanti rischi. Ma che presenta anche grandi opportunità. Qui si gioca il destino delle questioni energetiche e di sicurezza legate all’UE. L’accresciuta interdipendenza tra gli Stati che si affacciano su questo mare magnum esteso fa sì che una crisi in uno di essi si ripercuota inevitabilmente sulla sicurezza e la prosperità di tutti gli altri. Compresi quelli limitrofi. Ne consegue che l’Italia e l’Europa siano direttamente esposte alle conseguenze di ciò che accade tra Mediterraneo e Mar Nero. Perché la loro stabilità vuol dire la nostra sicurezza. In particolare per il nostro Paese, trovandosi al centro del Mediterraneo.

Risulta quindi interesse di tutti promuovere la pace e lo sviluppo della regione, coltivando il dialogo interno tra i suoi Paesi, e tra loro e l’Europa, con una Unione decisa a riaccendere i riflettori su quest’area di grande interesse geostrategico. In questo scenario, l’Italia può giocare un ruolo chiave. Il nostro Paese, per vocazione culturale e per posizione geografica, è naturalmente portato a coltivare rapporti con il Mediterraneo allargato.

L’Italia, pur protagonista, non può traghettare da sola lo sviluppo economico e sociale dell’intera macro-regione. Occorre una visione da parte di tutta l’Europa, che guardi al Mediterraneo allargato con maggiore lungimiranza. E che lo veda per quello che è: un bacino di opportunità. Con la stessa ambizione con cui abbiamo lanciato soluzioni coraggiose contro crisi sanitaria ed economica attraverso il Next Generation EU, dobbiamo fare un passo decisivo anche verso una nuova prospettiva a Sud. Che si concretizzi in investimenti e cooperazione per il progresso dell’area.

L’Unione Europea e l’Italia hanno oggi un compito inedito: trasformare l’Europa ed il Mediterraneo allargato in un unico attore politico che interagisca nelle questioni geostrategiche comuni. Per questo l'interrelazione con la macro-regione diventa uno dei temi da porre al centro delle prossime azioni UE. A partire dal piano REPowerEU che, nella sua formulazione finale, potrebbe includere i Paesi mediterranei e mediorientali tra quelli strategici nell’individuazione di nuove fonti.

L’Unione Europea sta andando incontro a grandi trasformazioni, anche relative al suo funzionamento interno. Sarebbe auspicabile, nella definizione di una politica estera e di difesa comune, che si individuasse proprio nell’area a Sud dell’Europa una priorità per le relazioni UE. Lo stesso Trattato del Quirinale tra Italia e Francia può essere un’occasione per superare attriti del passato, affermando invece una cooperazione rafforzata sul Mediterraneo, che parta dalla riconversione energetica. Non a caso, è stato uno dei temi al centro dell’incontro Draghi-Macron all’Eliseo all’inizio di giugno.

Ecco perché il dialogo tra gli Stati che si affacciano sul Mediterraneo allargato, compreso il Mar Nero, può essere una leva per affrontare le principali sfide che ci attendono. Sfide energetiche. Ma di riflesso anche ambientali, migratorie ed economiche.

Così come lo è stato per secoli, il Mediterraneo allargato può essere di nuovo culla del futuro, per l’Europa. Ed in questo contesto l'Italia può dare un contributo importante nel cogliere le chance legate a quest'area geopolitica. Un’area che ambiamo a far diventare attore di pace e di stabilità.