Diritti umani in pericolo e democrazie in bilico. Il protagonismo necessario della società civile

Laura Liberto
Presidente Cild- Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili

Il sistema internazionale di protezione dei diritti umani attraversa una fase di profonda crisi che apre interrogativi importanti sulla loro stessa solidità ed efficacia. 
Affrontare il tema oggi, in un periodo di grandi sconvolgimenti e ridefinizioni degli equilibri geopolitici, in un quadro internazionale instabile ed incerto, segnato dai due grandi conflitti russo-ucraino e israelo-palestinese e dalle rispettive gravissime crisi umanitarie, è qualcosa di particolarmente complesso. Tuttavia, queste stesse ragioni segnalano l’urgenza di una riflessione sulle prospettive possibili e sulle via d’uscita percorribili. 

L’ingresso dei diritti umani nel panorama mondiale si deve alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, nata in seno alla nuova Assemblea generale delle Nazioni Unite. Grazie alla sua portata innovativa e dirompente, la Dichiarazione Universale ha aperto la strada al processo di progressiva costruzione e consolidamento del sistema internazionale di protezione dei diritti umani che pone al centro dell’ordine mondiale la dignità della persona. Si gettavano allora le basi per lo sviluppo di un percorso di tendenziale armonizzazione e convergenza degli ordinamenti nazionali, funzionale alla tutela di tali diritti, e per la elaborazione di molteplici convenzioni che, nel corso del tempo, li hanno definiti ed identificati. 
In questo processo, l’Europa vanta un primato fondamentale e decisivo nel campo della tutela dei diritti umani. È proprio in ambito europeo, infatti, che prende forma il primo “sistema collettivo regionale di protezione dei diritti fondamentali”, con l’adozione, nel 1950, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Sebbene la Dichiarazione Universale costituisca il fondamento del diritto internazionale dei diritti umani, rappresentando l’apripista dell’“età dei diritti”, essa è, come noto, uno strumento di soft law.

La Convenzione Europea va oltre la Dichiarazione Universale, obbligando gli Stati a garantire i diritti in essa sanciti a tutte le persone soggette alla propria giurisdizione, e istituisce un organo giurisdizionale — la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo — incaricato di verificare il rispetto degli obblighi assunti dagli Stati contraenti.
La Corte di Strasburgo, grazie all’evoluzione del meccanismo di garanzia introdotto dalla CEDU, più volte modificato, ha fornito un contributo unico alla promozione e al rafforzamento della tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Attraverso un’interpretazione evolutiva della Convenzione, la Corte ha esteso, per via pretoria, la protezione a diritti non espressamente previsti dalla CEDU e ha favorito una progressiva armonizzazione degli ordinamenti statali verso un “diritto comune delle libertà in Europa”.

Il sistema internazionale di protezione dei diritti umani attraversa una fase di profonda crisi che apre interrogativi importanti sulla loro stessa solidità ed efficacia. 
Affrontare il tema oggi, in un periodo di grandi sconvolgimenti e ridefinizioni degli equilibri geopolitici, in un quadro internazionale instabile ed incerto, segnato dai due grandi conflitti russo-ucraino e israelo-palestinese e dalle rispettive gravissime crisi umanitarie, è qualcosa di particolarmente complesso. Tuttavia, queste stesse ragioni segnalano l’urgenza di una riflessione sulle prospettive possibili e sulle via d’uscita percorribili. 

L’ingresso dei diritti umani nel panorama mondiale si deve alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, nata in seno alla nuova Assemblea generale delle Nazioni Unite. Grazie alla sua portata innovativa e dirompente, la Dichiarazione Universale ha aperto la strada al processo di progressiva costruzione e consolidamento del sistema internazionale di protezione dei diritti umani che pone al centro dell’ordine mondiale la dignità della persona. Si gettavano allora le basi per lo sviluppo di un percorso di tendenziale armonizzazione e convergenza degli ordinamenti nazionali, funzionale alla tutela di tali diritti, e per la elaborazione di molteplici convenzioni che, nel corso del tempo, li hanno definiti ed identificati. 
In questo processo, l’Europa vanta un primato fondamentale e decisivo nel campo della tutela dei diritti umani. È proprio in ambito europeo, infatti, che prende forma il primo “sistema collettivo regionale di protezione dei diritti fondamentali”, con l’adozione, nel 1950, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Sebbene la Dichiarazione Universale costituisca il fondamento del diritto internazionale dei diritti umani, rappresentando l’apripista dell’“età dei diritti”, essa è, come noto, uno strumento di soft law.

La Convenzione Europea va oltre la Dichiarazione Universale, obbligando gli Stati a garantire i diritti in essa sanciti a tutte le persone soggette alla propria giurisdizione, e istituisce un organo giurisdizionale — la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo — incaricato di verificare il rispetto degli obblighi assunti dagli Stati contraenti.
La Corte di Strasburgo, grazie all’evoluzione del meccanismo di garanzia introdotto dalla CEDU, più volte modificato, ha fornito un contributo unico alla promozione e al rafforzamento della tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Attraverso un’interpretazione evolutiva della Convenzione, la Corte ha esteso, per via pretoria, la protezione a diritti non espressamente previsti dalla CEDU e ha favorito una progressiva armonizzazione degli ordinamenti statali verso un “diritto comune delle libertà in Europa”. 

E tuttavia, A 75 anni dalla approvazione della Convenzione Europea e dalla nascita di quel sistema di garanzie destinato ad assurgere a modello nella tutela dei diritti umani, anche nel cuore dell’Europa emergono e vanno consolidandosi spinte e politiche nazionalistiche. Tali derive fanno il paio con lo sviluppo di politiche nazionali di stampo securitario che rischiano di comprimere sensibilmente diritti e libertà fondamentali.  
Gli scivolamenti autoritari, che investono anche paesi europei considerati roccaforti democratiche, sono ben evidenziati nel sesto “rapporto ombra” sullo Stato di diritto in Europa, coordinato dalla Civil Liberties Union For Europe (Liberties) e pubblicato nel mese di marzo [2]. 
Al suo interno si distingue la posizione dell’Italia, collocata tra i paesi “demolitori”, insieme a Bulgaria, Croazia, Romania e Slovacchia, a causa delle politiche promosse dai rispettivi governi all’origine di plurime violazioni ed inadempienze rilevate in tutti gli ambiti oggetto dell’indagine: sistema giudiziario, contrasto alla corruzione, libertà dei media e di stampa, equilibri istituzionali e stato della democrazia, spazio civico, diritti umani.
In particolare, nel rapporto sull’Italia [3],  , elaborato dalla Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD), si evidenziano, tra le altre, le misure adottate dal Governo italiano — recentemente censurate dagli esperti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani — riconducibili a una retorica securitaria, e se ne sottolinea l’impatto preoccupante in diversi ambiti: dalla giustizia penale, inclusa quella minorile, alla lesione dei diritti delle categorie sociali più marginali e vulnerabili, fino alla compressione della libertà di manifestazione e alla restrizione degli spazi di partecipazione democratica.
Il rapporto segnala significative regressioni in materia di libertà di informazione e un deterioramento della libertà di stampa. Inoltre, denuncia violazioni sistematiche dei diritti umani nei confronti delle persone detenute nelle carceri e delle persone migranti trattenute nei centri di permanenza per il rimpatrio.

Quella delle persone migranti, in particolare, può considerarsi la condizione paradigmatica della crisi dei diritti umani nel contesto nazionale ed europeo. Attraverso monitoraggi, rapporti ed iniziative di contenzioso strategico in tema di detenzione amministrativa, CILD ha più volte denunciato come i CPR siano dei luoghi drammaticamente inumani, caratterizzati da uno strutturale stato di eccezione [4] . Ora, il Governo italiano, con l’apertura dei centri in Albania - riconvertiti da hub per migranti a strutture per i rimpatri - li propone come modello per l’Europa.
Un’Europa in cui oggi si afferma con decisione il disegno sovranista della “Fortezza”, progressivamente delineatosi nell’ultimo decennio, fatto di politiche di contenimento e respingimento delle persone migranti, della chiusura dei propri confini nei confronti dei profughi provenienti dal Sud del mondo. 

In un quadro globale di estrema incertezza e tensioni crescenti, segnato dalla crisi del multilateralismo e delle istituzioni internazionali, dove anche il vecchio continente è attraversato dallo sviluppo e l’affermazione dei sovranismi e nazionalismi, è difficile capire se la direzione sia quella di derive ulteriori o se, nell’immediato, siano pensabili inversioni di rotta da parte degli Stati. 
Al contempo, non è possibile ritenere che ci troviamo di fronte ad un processo inesorabile di smantellamento dei diritti umani. 
Come ricorda Luigi Ferrajoli, una visione “alternativa esiste e può realizzarsi attraverso un risveglio della ragione”[5] , indicando con il progetto della Costituzione della terra la possibilità e la praticabilità di una prospettiva diametralmente opposta a quella verso cui sembra oggi andare il mondo. 
In quest’ottica, va rimarcato il ruolo strategico delle organizzazioni della società civile, che nella loro varietà e molteplicità di forme ed espressioni, hanno nel tempo contribuito in modo decisivo ai percorsi di democratizzazione dei singoli Stati  ed ai processi di affermazione, difesa e sviluppo dei diritti e delle libertà fondamentali sia nei contesti nazionali che in quello internazionale. 
Volendo limitarci ad un paio di esempi recenti in ambito nazionale, basti pensare che se nel codice penale italiano nel 2017 è stato introdotto uno specifico reato di tortura, dopo quasi 30 anni di attesa dalla ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, se in Italia è stato istituito un Garante Nazionale per i diritti delle persone private della libertà lo si deve in buona parte all’azione di mobilitazione e pressione promossa da associazioni ed ONG. 
Nel nostro paese, questo ruolo propulsore delle forze sociali diffuse ha trovato il suo massimo riconoscimento nel 2001, quando, con la riforma del Titolo V, veniva inserito nell’art.118 ultimo comma della Costituzione italiana il principio di sussidiarietà circolare. È la stessa Carta Costituzionale, pertanto, che riconosce loro l’autonoma capacità di definire ed interpretare l’interesse generale ed il potere di “incalzare e addirittura trascinare le politiche pubbliche” in quella direzione [7] .  
Una prospettiva che valorizza in modo significativo poteri e responsabilità dei cittadini, singoli ed organizzati, ed il loro protagonismo nella difesa dei diritti e la cura dei beni comuni. E, oggi, nel contribuire a disegnare e promuovere visioni e percorsi alternativi, ricentrati sulla dignità delle persone e sul rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. 
Come dichiarava Eleanor Roosevelt nel discorso pronunciato a New York nel 1958 per il decimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani “il destino dei diritti umani è nelle mani di tutti i cittadini in tutte le nostre comunità.”[1]

 

E tuttavia, A 75 anni dalla approvazione della Convenzione Europea e dalla nascita di quel sistema di garanzie destinato ad assurgere a modello nella tutela dei diritti umani, anche nel cuore dell’Europa emergono e vanno consolidandosi spinte e politiche nazionalistiche. Tali derive fanno il paio con lo sviluppo di politiche nazionali di stampo securitario che rischiano di comprimere sensibilmente diritti e libertà fondamentali.  
Gli scivolamenti autoritari, che investono anche paesi europei considerati roccaforti democratiche, sono ben evidenziati nel sesto “rapporto ombra” sullo Stato di diritto in Europa, coordinato dalla Civil Liberties Union For Europe (Liberties) e pubblicato nel mese di marzo . 
Al suo interno si distingue la posizione dell’Italia, collocata tra i paesi “demolitori”, insieme a Bulgaria, Croazia, Romania e Slovacchia, a causa delle politiche promosse dai rispettivi governi all’origine di plurime violazioni ed inadempienze rilevate in tutti gli ambiti oggetto dell’indagine: sistema giudiziario, contrasto alla corruzione, libertà dei media e di stampa, equilibri istituzionali e stato della democrazia, spazio civico, diritti umani.
In particolare, nel rapporto sull’Italia,  , elaborato dalla Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD), si evidenziano, tra le altre, le misure adottate dal Governo italiano — recentemente censurate dagli esperti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani — riconducibili a una retorica securitaria, e se ne sottolinea l’impatto preoccupante in diversi ambiti: dalla giustizia penale, inclusa quella minorile, alla lesione dei diritti delle categorie sociali più marginali e vulnerabili, fino alla compressione della libertà di manifestazione e alla restrizione degli spazi di partecipazione democratica.
Il rapporto segnala significative regressioni in materia di libertà di informazione e un deterioramento della libertà di stampa. Inoltre, denuncia violazioni sistematiche dei diritti umani nei confronti delle persone detenute nelle carceri e delle persone migranti trattenute nei centri di permanenza per il rimpatrio.

Quella delle persone migranti, in particolare, può considerarsi la condizione paradigmatica della crisi dei diritti umani nel contesto nazionale ed europeo. Attraverso monitoraggi, rapporti ed iniziative di contenzioso strategico in tema di detenzione amministrativa, CILD ha più volte denunciato come i CPR siano dei luoghi drammaticamente inumani, caratterizzati da uno strutturale stato di eccezione . Ora, il Governo italiano, con l’apertura dei centri in Albania - riconvertiti da hub per migranti a strutture per i rimpatri - li propone come modello per l’Europa.
Un’Europa in cui oggi si afferma con decisione il disegno sovranista della “Fortezza”, progressivamente delineatosi nell’ultimo decennio, fatto di politiche di contenimento e respingimento delle persone migranti, della chiusura dei propri confini nei confronti dei profughi provenienti dal Sud del mondo. 

In un quadro globale di estrema incertezza e tensioni crescenti, segnato dalla crisi del multilateralismo e delle istituzioni internazionali, dove anche il vecchio continente è attraversato dallo sviluppo e l’affermazione dei sovranismi e nazionalismi, è difficile capire se la direzione sia quella di derive ulteriori o se, nell’immediato, siano pensabili inversioni di rotta da parte degli Stati. 
Al contempo, non è possibile ritenere che ci troviamo di fronte ad un processo inesorabile di smantellamento dei diritti umani. 
Come ricorda Luigi Ferrajoli, una visione “alternativa esiste e può realizzarsi attraverso un risveglio della ragione” , indicando con il progetto della Costituzione della terra la possibilità e la praticabilità di una prospettiva diametralmente opposta a quella verso cui sembra oggi andare il mondo. 
In quest’ottica, va rimarcato il ruolo strategico delle organizzazioni della società civile, che nella loro varietà e molteplicità di forme ed espressioni, hanno nel tempo contribuito in modo decisivo ai percorsi di democratizzazione dei singoli Stati [6] ed ai processi di affermazione, difesa e sviluppo dei diritti e delle libertà fondamentali sia nei contesti nazionali che in quello internazionale. 
Volendo limitarci ad un paio di esempi recenti in ambito nazionale, basti pensare che se nel codice penale italiano nel 2017 è stato introdotto uno specifico reato di tortura, dopo quasi 30 anni di attesa dalla ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, se in Italia è stato istituito un Garante Nazionale per i diritti delle persone private della libertà lo si deve in buona parte all’azione di mobilitazione e pressione promossa da associazioni ed ONG. 
Nel nostro paese, questo ruolo propulsore delle forze sociali diffuse ha trovato il suo massimo riconoscimento nel 2001, quando, con la riforma del Titolo V, veniva inserito nell’art.118 ultimo comma della Costituzione italiana il principio di sussidiarietà circolare. È la stessa Carta Costituzionale, pertanto, che riconosce loro l’autonoma capacità di definire ed interpretare l’interesse generale ed il potere di “incalzare e addirittura trascinare le politiche pubbliche” in quella direzione .  
Una prospettiva che valorizza in modo significativo poteri e responsabilità dei cittadini, singoli ed organizzati, ed il loro protagonismo nella difesa dei diritti e la cura dei beni comuni. E, oggi, nel contribuire a disegnare e promuovere visioni e percorsi alternativi, ricentrati sulla dignità delle persone e sul rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. 
Come dichiarava Eleanor Roosevelt nel discorso pronunciato a New York nel 1958 per il decimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani “il destino dei diritti umani è nelle mani di tutti i cittadini in tutte le nostre comunità.”
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[1]G. Bonaventura, Op. cit.
[2] Civil Liberties Union For Europe, Liberties Rule of law Report 2025, https://www.liberties.eu/f/vdxw3e
Il rapporto è realizzato da una rete indipendente composta da 43 Organizzazioni per i diritti umani, operative in 21 paesi europei. I risultati dell’analisi confluiscono nel ciclo di monitoraggio della Commissione Europea sullo Stato di diritto. Le organizzazioni che vi contribuiscono presentano i loro approfondimenti nazionali nel corso di visite annuali ai Paesi.

 [3]Liberties Rule of law Report Italy, 2025, https://www.liberties.eu/f/hwhfvr
 [4] Buchi neri. La detenzione senza reato nei Centri di permanenza per il rimpatrio, Report Cild 2021. https://cild.eu/wp-content/uploads/2021/10/ReportCPR_Web.pdf ; Chiusi in gabbia. Viaggio nell’inferno del CPR di Ponte Galeria. Report Cild 2024. https://cild.eu/wp-content/uploads/2024/11/CILD_Chiusi_in_Gabbia_2rev.pdf

[5] L. Ferrajoli, Per una Costituzione della terra, nell’E-book “Brevi saggi in materia di diritti umani”-realizzato da Università degli Studi Roma Tre e Cild, 2022.
[6] G. Moro, Cittadinanza attiva e qualità della democrazia, Carocci Ed., 2013. 

[7] G. Cotturri, Io ci sono. Gli attori del civismo e della solidarietà: mutazioni molecolari e processi costituenti, La meridiana Ed., 2024.