Progressi, arresti, tensioni e nuove esigenze nel processo di integrazione europea
Spinte contraddittorie agitano l'Unione Europea e il suo ruolo in un mondo in rapido cambiamento.
Da un lato, dopo una prima fase di incertezze ed esitazioni, vi sono state una efficace risposta comune alla pandemia e soprattutto l'accelerazione che questa ha impresso alla costituzione di un fondo per un rilancio sostenibile dell'economia dell'UE basato principalmente su transizione energetica e digitale, sanità e conoscenza. E' un fondo alimentato dall'emissione di titoli piazzati sul mercato e quindi da un indebitamento comune, passo fondamentale verso una unione sempre più stretta. Siamo ancora lontani da quella svolta hamiltoniana di cui si è ottimisticamente parlato, ma si è comunque trattato di un indubbio progresso, seppure presentato come eccezionale e temporaneo, nella direzione di una prospettiva federale anche nel quadro dei seguiti della Conferenza sul Futuro dell'Europa. Dopo esitazioni e remore la Germania vi ha dato il suo fondamentale contributo politico e finanziario sotto la spinta soprattutto della Francia, dell'Italia, della Spagna e delle stesse istituzioni europee con il Parlamento che ha stimolato la Commissione e il Consiglio.
Dall'altro lato manca ancora però il necessario passo complementare costituito da un più consistente bilancio comune, alimentato da risorse proprie e quindi da una tassazione europea che gravi su settori in cui molto forte è l'elusione come quello, ma non solo, delle applicazioni del digitale, oppure che provenga da spostamenti di imposte dal livello nazionale a quello europeo senza aumenti della pressione fiscale complessiva. Questo bilancio dovrebbe essere di dimensioni tali da fornire una garanzia credibile al debito comune in sostituzione progressiva di quella data dagli Stati membri che andrebbe riservata a termine esclusivamente ai debiti nazionali.
Un ulteriore strumento comune dovrebbe essere un fondo europeo di sostegno alle attività produttive per alimentarne la competitività a livello globale e rafforzare la capacità negoziale dell'UE rispetto ad altri grandi attori dell'economia globalizzata che come la Cina e gli Stati Uniti praticano aiuti di stato alterando le condizioni della concorrenza a svantaggio delle imprese europee. E ciò, auspicabilmente, in un quadro di ridefinizione delle regole della globalizzazione per renderla più equa ed equilibrata rafforzandovi l'aspetto della reciprocità.
Un rilevante fattore di difficoltà che suscita preoccupazioni e tensioni all'interno degli Stati e nei rapporti tra loro. con l'esigenza di una risposta adeguata a livello europeo, è costituito da un inatteso ritorno dell'inflazione, dopo decenni di stabilità dei prezzi, dovuto essenzialmente all'aumento dei costi dell'energia e dei cereali. Tale aumento, innescato soprattutto per l'energia dalla ripresa post pandemica e accentuato dalla guerra in Ucraina, ha indotto la Banca Centrale Europea ad adottare o ad annunciare misure di restrizione monetaria come l’aumento dei tassi di interesse e la non prosecuzione o quanto meno la forte riduzione dell'acquisto sul mercato di titoli dei paesi membri, alla stregua di quanto sta facendo la Federal Reserve degli Stati Uniti ove l'inflazione è però dovuta soprattutto ad un aumento della domanda interna e non dei costi di materie prime importate con conseguenti dubbi sull'efficacia anti-inflazionistica in Europa di quelle misure assieme a preoccupazioni per loro effetti negativi sulla crescita economica e quindi per i rischi di una prolungata stagflazione.
In materia energetica si sono manifestate le diversità di interessi tra paesi membri soprattutto in merito al tetto del prezzo del gas con Francia, Italia e Spagna che lo chiedevano ed Olanda e Germania che resistevano, insistendo queste ultime, al pari di paesi dell'Europa Orientale, sull'esigenza di impedire che la fissazione di un tetto potesse avere effetti negativi sulla sicurezza delle forniture. Alla fine è stato trovato un compromesso su un livello però troppo elevato per essere efficace, tenuto anche conto che nel frattempo i prezzi del gas sono fortemente scesi. Acquisti e stoccaggi comuni, come fatto per i vaccini, andranno considerati assieme ad un aumento dei trasferimenti di prodotti energetici attraverso maggiori interconnessioni tra gli Stati membri. Anche sulle modalità per il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal e del Fit for 55, soprattutto in materia di efficientamento di immobili e mezzi di trasporto, occorreranno accordi che contemplino auspicabilmente finanziamenti europei finalizzati a mitigare i costi sociali ed economici delle trasformazioni e degli adattamenti richiesti, per i quali si rende ulteriormente necessario un aumento della consistenza del bilancio comune e del ricorso comune al mercato dei capitali. A questo va aggiunta l'esigenza di ottemperare agli impegni ribaditi nell'ambito della COP 27 per un massiccio sostegno finanziario e in assistenza tecnica alla mitigazione e all'adattamento ai cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo che più ne sono colpiti con tutto quel che ne consegue anche in termini di situazioni conflittuali e spostamenti di popolazioni. In questo contesto, nei partenariati da realizzare con i vicini meridionali un aspetto cruciale è quello energetico, sia per quanto riguarda il gas necessario seppure in modo decrescente nella transizione verso una completa decarbonizzazione, sia nel campo delle energie rinnovabili e della produzione di idrogeno per i consumi locali e in prospettiva per l'esportazione verso l'Europa di una parte dell'energia prodotta.
Sul piano della sicurezza e della difesa la Bussola strategica ha ulteriormente fissato obiettivi su coordinamento delle acquisizioni, cooperazione industriale anche in materia spaziale e cyber, dotazione di capacità nella gestione delle crisi nel proprio vicinato dall'Europa Orientale al Medio Oriente e al Mediterraneo allargati e al resto dell'Africa. Ma restano ritrosie e carenze di volontà politica ad utilizzare pienamente gli strumenti disponibili tra i quali le costituite o costituende unità militari integrate. Cooperazioni industriali per la produzione di armamenti si stanno sviluppando in via bilaterale o plurilaterale con paesi terzi al di fuori di quanto predisposto nel quadro dell'UE. Paesi europei, in missioni militari anche nell’ambito della politica europea di sicurezza e difesa comune, sono intervenuti in aree di crisi ma senza impiegare appieno gli strumenti esistenti. E una decisione come quella recentemente adottata dalla Germania di aumentare considerevolmente le proprie capacità militari sembra essere stata assunta unilateralmente, senza un effettivo coordinamento in ambito europeo, suscitando interrogativi negli altri paesi membri ed in particolare in Francia, malgrado il fatto che una maggiore assunzione di responsabilità di Berlino in materia di difesa fosse da tempo sollecitata da più parti soprattutto nel quadro della NATO. Rispetto alla guerra in Ucraina vi è unità di intenti, con l'eccezione dell'Ungheria. Strumenti comunitari sono stati attivati ma diversi sono i livelli di partecipazione al sostegno militare del paese aggredito al di là delle effettive capacità di ciascuno.
Riguardo all'Unione Bancaria un contributo rilevante, con vantaggi potenziali soprattutto per l'Italia, potrebbe venire da quanto definito in materia di risoluzione delle crisi bancarie nell'ambito dell'Accordo di riforma del MES allorché tutti gli Stati membri lo avranno ratificato consentendone l'entrata in vigore.
Praticamente nessun avanzamento vi è nel campo delle politiche migratorie, settore nel quale occorrerebbe un comune approccio in termini di accoglienza e integrazione, canali legali e mobilità circolare, intese con paesi di partenza e di transito, equa ripartizione dei richiedenti asilo e modalità di esame delle richieste riformando il regolamento di Dublino. La sensibilità del tema e l'insediamento in alcuni paesi di governi di ispirazione sovranista, che contrappongono reciprocamente i rispettivi atteggiamenti di chiusura, impediscono di progredire e aumentano incomprensioni e tensioni tra gli Stati membri. È uno scontro tra sovranismi che si manifesta anche in altri settori.
Un nodo di fondo rispetto al quale non si registrano progressi è infine quello del processo decisionale che in settori chiave come quelli fiscale, delle migrazioni, della politica estera e della difesa è paralizzato dalla regola dell'unanimità. Ma anche per modificare tale regola, aumentando in tal modo le condivisioni di sovranità, occorre l'unanimità, sia utilizzando le clausole passerella previste nei Trattati, sia per modificare i Trattati stessi. Il prospettato allargamento ai Balcani occidentali e poi all’Ucraina, che ha acquistato un nuovo momento a seguito dell’aggressione russa e per il rilievo che si ritiene possa avere tale processo per la stabilizzazione nel nostro vicinato orientale anche in considerazione delle penetrazioni nell’area di altri attori, renderebbe una volta realizzato più difficile il perseguimento di tale obbiettivo. Ma la sua prospettiva può costituire uno stimolo a trovare soluzioni alternative. Andrebbe pertanto considerato, per poter avanzare tra chi ha la volontà e la capacità di farlo, il ricorso a forme di integrazione differenziata attraverso Trattati aggiuntivi a quelli esistenti tra i paesi che lo vogliano, lasciando la porta aperta a quelli che intendano unirvisi successivamente, ne abbiano i requisiti e accettino le limitazioni di sovranità che ne conseguono.
L'Italia dovrebbe essere parte attiva di tutti gli sviluppi che possano portare ad una più forte unione assieme soprattutto a Francia e Germania, come lo è sempre stata nelle diverse fasi del processo di integrazione europea, perseguendo in questo quadro anche la piena attuazione del Trattato italo-francese del Quirinale e la conclusione del previsto Piano d'Azione italo-tedesco.Quel che è assolutamente cruciale per gli interessi italiani ed europei è che quanto è accaduto e sta accadendo determini un positivo avanzamento verso una unione sempre più stretta e non comporti invece involuzioni che renderebbero tutti gli Stati europei più fragili e vulnerabili nel contesto globale.