La Turchia, un paese che ci riguarda

di 
Piero Fassino

La semplice osservazione della carta geografica dell’Asia minore rende evidente quanto strategico sia il ruolo della Turchia. Luogo di incontro tra Occidente e Oriente, Europa e Asia, Cristianità e Islam, il Paese della mezzaluna rossa si affaccia a nord sul Mar Nero sulle cui opposte sponde si bagnano le Repubbliche meridionali della Russia, segnate dalla vicenda cecena e dall’influenza dell’integralismo islamico; a est il Caucaso con il suo carico di conflitti e irredentismi di antica data; a sud la Siria, da oltre nove anni sconvolta da una guerra civile che ha causato immani sofferenze e distruzioni, e il Kurdistan irakeno; a sud-est l’Iran; a ovest Cipro, dove Ankara esercita una sorta di protettorato della comunità turco-cipriota, separata dai greco-ciprioti dall’ultimo muro d’Europa. Circondata da aree di crisi e di conflitti, la Turchia è dunque pienamente coinvolta in ogni dinamica di una regione cruciale per la sicurezza e la stabilità dell’Europa e del grande Medio Oriente.

Da quella stessa regione e dalla Turchia passano i grandi gasdotti e oleodotti che dal Kazakistan, dall’Azerbaigian e dalla Russia garantiscono l’approvvigionamento energetico dell’Europa.

Luogo di approdo e transito di ingenti flussi di profughi e migranti, la Turchia svolge oggi un ruolo essenziale di contenimento, riconosciuto dall’accordo sottoscritto con l’Unione Europea.

Membro dell’Alleanza Atlantica la Turchia è stato il principale presidio del fianco sud della Nato, volto a contenere la Russia e proiettato nel Mediterraneo orientale e verso la cruciale regione del Golfo Persico. Un ruolo che oggi appare molto meno scontato alla luce della decisione del Presidente Erdogan di installare missili di fabbricazione russa e di rafforzare la cooperazione con Mosca in campo militare e nell’industria degli armamenti. Scelta che già ha suscitato la reazione degli Stati Uniti e che ulteriori criticità, anche con l’Unione Europea, potrà suscitare quanto più si consoliderà la scelta di Ankara di stringere rapporti forti con Mosca.

E infine non si dimentichi che la Turchia è dal 1960 membro “associato” dell’Unione Europea, uno status che tuttavia non ha mai trovato lo sbocco dell’adesione piena, in un primo tempo per le resistenze delle leadership turche ad assumere standard europei in materia di diritti e successivamente - quando ancora ad Ankara sedevano leadership laiche - per il prevalere in Europa di diffidenze e pregiudizi. Anzi, proprio l’atteggiamento di chiusura dell’Europa fu una delle cause della crisi di legittimità che colpi le leadership laiche turche alla fine degli anni ‘90, consentendo al movimento islamico di farsi interprete dell’orgoglio ferito dal rifiuto europeo e su questo di raccogliere quell’ampio consenso che portò nel 2002 al successo di Erdogan.

Negli ultimi quindici anni la Turchia, sotto la guida di Erdogan, è venuta ridefinendo il suo posizionamento: potenza regionale con ambizione di leadership sul mondo islamico sunnita; tessitore di un sistema di alleanze che veda la Turchia al centro di quel vasto scacchiere che va dai Balcani alla Russia, dalla regione euroasiatica al Medio Oriente e al Golfo Persico, evocando gli antichi fasti dell’impero ottomano (da cui la definizione di una politica “neo ottomana”). Una politica gestita con determinazione e assertività, come si vede nella presenza, anche militare, crisi siriana e nei rapporti ambivalenti con Israele.

Conforta questa ambizione la storia della Turchia, erede di uno dei grandi imperi secolari che hanno segnato la storia dell’Europa, del Mediterraneo e del Medio Oriente. Bisanzio, Costantinopoli, Istanbul evocano una grande storia di civiltà, cultura, religioni. Una grandezza a cui - all’indomani della prima guerra mondiale - si riferirono Mustafà Kemal Ataturk e i “giovani turchi” nel reagire alla dissoluzione dell’impero ottomano con la proclamazione della Repubblica e la messa in campo di un processo di riforme che fece entrare la Turchia nella modernità.

Non è solo la storia, ma anche l’attualità a sollecitare attenzione verso la Turchia. Il Paese della mezzaluna rossa è via via cresciuto nella sua forza economica, nonostante alta inflazione e forti disparità territoriali di sviluppo. Gode di una crescente presenza di investitori stranieri e al tempo stesso sono in forte crescita gli investimenti turchi sui mercati internazionali. È porta di accesso al più vasto mercato turcofono e dell’Asia minore. Ha un sistema formativo universitario di eccellenza. Dispone di una classe dirigente moderna e sempre più integrata nei circuiti dell’economia globale. Dal cinema alla letteratura al sistema dei media esprime una intellettualità di respiro internazionale. Non mancano naturalmente criticità, quali l’arretratezza delle zone interne, un apparato statale gravato da burocrazia lenta e oppressiva, una certa pervasività di fenomeni corruttivi. Così come sul piano politico suscita molta inquietudine la gestione autocratica e repressiva di Erdogan - soprattutto dopo il fallito golpe del luglio 2016 - e il permanere della irrisolta questione curda. 

Ciò non impedisce al Paese di avere una dialettica politica vivace e forte. Lo si è visto nelle recenti elezioni municipali: a dispetto della gestione autocratica del potere di Erdogan e del suo partito, Istanbul, Ankara e tutte le principali città turche sono state vinte dei candidati del CHP, il Partito Repubblicano del Popolo, di ispirazione socialdemocratica, erede del kemalismo.

E, infine, guardando ai rapporti italo-turchi, l’Italia è il terzo partner commerciale della Turchia. Grandi imprese italiane - Fiat, Barilla, Pirelli, Ferrero, Benetton, Eni, Autogrill, Astaldi, UniCredit - e moltissime medie imprese di ogni settore merceologico sono da tempo attori dell’economia turca. E viceversa negli ultimi anni sono significativamente cresciuti gli investimenti turchi in Italia.

Insomma, vi sono molte ragioni per occuparsi della Turchia. Ed è questa la finalità dell’“Osservatorio Turchia” istituito dal CeSPI: con il coinvolgimento di esperti, ricercatori, economisti, imprenditori, uomini di cultura, esponenti politici, fornire una rappresentazione aggiornata e approfondita di un Paese che svolge e svolgerà un ruolo strategico importante. Un ruolo che ci riguarda.