Imprenditorialità e partnership, due parole-chiave per un’alleanza tra Africa ed Europa

Mario Molteni
Professore Ordinario di Economia aziendale e di Corporate Strategy, nonché Delegato del Rettore ai rapporti con le imprese, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È CEO di E4Impact Foundation, dedicata allo sviluppo dell’imprenditorialità a forte impatto sociale in Africa, per cui è stato nominato Senior Ashoka Fellow nel 2015.

Il contributo di Roberto Ridolfi, che apre questo Forum, ha il grande pregio di offrirci un affresco della varietà dei problemi esistenti e delle direttrici da percorrere per un nuovo rapporto tra Europa e Africa. Di fronte a ciò, intendo semplicemente accogliere l’invito, che egli formula tanto all’inizio quanto in chiusura delle sue 10 Tesi, a far emergere “proposte e progetti utili a un salto di qualità dell’azione a sostegno dello sviluppo dell’Africa e per una solida alleanza tra Europa e Africa, con la consapevolezza che a problemi comuni servono soluzioni comuni”.

Il fabbisogno di imprenditorialità

A più riprese nel testo di Ridolfi si fa riferimento a due parole che esigono di essere saldamente legate: imprenditorialità e sostenibilità.

Muoviamo dalla prima. L’Africa, con la sua popolazione giovane e vitale, è il continente con il maggiore tasso di imprenditorialità al mondo. Lo ha fatto emergere l’African Economic Outlook 2007 dell’OCSE, non tacendo però l’altra faccia della medaglia: quella africana è per lo più un’imprenditorialità indotta da ragioni di sussistenza (rent-seeking), mentre carente è il lancio di nuovi business innovativi quanto a prodotto, tecnologie adottate, settori implicati.

Ciò detto, l’Africa è una terra di opportunità, non ultimo per le sue stesse povertà e debolezze, che sotto il profilo imprenditoriale altro non sono che inviti a prendere iniziativa. Ce lo confermano i cinque megatrend identificati dallo studio Africa’s Business Revolution, recentemente pubblicato da Harvard Business Review Press:

  1. l’urbanizzazione. Se essa porta con sé il dramma della povertà e una crescente disparità di condizioni di vita, è anche vero che le megalopoli africane presentano enormi bisogni insoddisfatti, che si accompagnano a un crescente potere di spesa in un segmento crescente di popolazione;
  2. le opportunità di industrializzazione. Lo sviluppo dell’industria manifatturiera è condizione imprescindibile per soddisfare le crescenti esigenze del mercato interno ed è anche la via per sostituire gradualmente l’esportazione di materie prime con quella di prodotti a maggior valore aggiunto;
  3. il gap di infrastrutture. Esso riguarda tanto le infrastrutture di base (elettricità, acqua, trasporti), quanto quelle digitali (si pensi al grande progetto di una banda larga che costeggi tutto il continente);
  4. la straordinaria abbondanza di risorse naturali. Si va dalle terre arabili non utilizzate (il 60% di quelle mondiali), ai minerali pregiati, all’oil and gas;
  5. la rapida adozione di tecnologie mobile e digitali. Già oltre il 90% della popolazione possiede un cellulare. Tale dato, combinato alla scarsa bancabilità di una larga fetta della popolazione, spiega ad esempio perché alcuni Paesi africani detengano la leadership mondiale nel mobile money.

Ciascuno di questi trend identifica ampi spazi per l’azione delle imprese: sia quelle di medie e grandi dimensioni, imprescindibili quando si parla di infrastrutture; sia le PMI, dedite tanto a prodotti “materiali” (meccanica per l’agricoltura, fertilizzanti organici, micro-grid, soluzioni per la casa, salute, abbigliamento, pelletteria, ecc.) o  a soluzioni digitali (servizi per agricoltura basati sull’Internet of Things, E-health, E-learning, ecc.). 

L’imperativo sostenibilità

Qui si inserisce la seconda parola, ampiamente sottolineata da Ridolfi: sostenibilità. Le aziende europee, intenzionate a cogliere le opportunità che si dischiudono nel continente africano, non hanno alternativa Esse devono far propria la logica sostenibilità: sostenibilità ambientale, perché fino a questo punto troppe multinazionali hanno operato sottraendo risorse naturali e ledendo la vivibilità e la fertilità dei territori in cui operano; sostenibilità sociale, perché le aziende non possono prescindere dal salvaguardare e dal promuovere le condizioni di lavoro, le norme di sicurezza, il giusto salario, la tutela della maternità, la vita delle comunità in cui i lavoratori sono radicati. 

Progetto 1: Formare impact entrepreneurs in Africa

Chiarito il quadro di riferimento, è giunto il momento di illustrare un primo progetto teso a coniugare imprenditorialità e sostenibilità. Si chiama E4Impact Foundation, e ha l’obiettivo di formare in Africa nuovi impact entrepreneurs, cioè imprenditori a forte impatto sociale. Si tratta di un’esperienza avviata in Kenya nel 2010 dall’Università Cattolica di Milano. La scelta di Nairobi, epicentro dell’Est Africa, si accompagnò ad altre tre decisioni-chiave: a) lavorare in partnership con un’università locale, evitando così due rischi tipici dell’impegno europeo in Africa: la pretesa paternalista di sapere noi cosa sia più adatto a quel contesto; e l’infelice usanza di destinare i fondi ai “mattoni” piuttosto che alla crescita del capitale umano; b) offrire un MBA fortemente innovativo, non per job seekers ma per job creators, orientato all’azione, arricchito con attività di coaching e mentoring; c) offrire un programma di eccellenza, ma a un prezzo accessibile (scelta che comportava, ad esempio, la valorizzazione di docenti e staff locali).

Il successo riscosso ha portato allo sviluppo in altri Paesi africani. Quando nel 2015 i Paesi erano cinque, il progetto iniziale corto in Cattolica si è trasformato in una fondazione grazie al coinvolgimento di Letizia Moratti e al sostegno di importanti imprese italiane: Securfin, Mapei, Salini-Impregilo a cui nel tempo si sono aggiunte Bracco, ENI, Intesa Sanpaolo, Lisa, Ge.Fi. La E4Impact Foundation attualmente opera in 12 Paesi (Kenya, Uganda, Etiopia, Ruanda e Sudan; Ghana, Sierra Leone, Costa d’Avorio e Senegal; Repubblica Democratica del Congo, Gabon e Zimbabwe), ha formato oltre 800 imprenditori, generando migliaia di posti di lavoro. Altri stati africani sono in procinto di aderire al progetto: Angola, Botswana, Egitto, Marocco, Mozambico, Nigeria, Tunisia e Sud Africa. In vista di questo allargamento, recentemente è stata lanciata la E4Impact Alliance, caratterizzata da questa vision: “Essere la più grande comunità pan-africana di università con un marchio riconosciuto che promuove l’imprenditorialità ad impatto sociale nel Continente e oltre”.  

Progetto 2: Promuovere le partnership tra imprese africane e imprese europee

I programmi della E4Impact Foundation non si limitano a generare valore in Africa, ma costituiscono un’opportunità per le imprese italiane e, in prospettiva, europee:

  • l’MBA sviluppa una ricca rete di relazioni con il sistema economico, politico e istituzionale del Paese, che può essere messo a disposizione delle imprese europee;
  • gli imprenditori formati dall’MBA possono diventare fornitori, clienti o, nei casi migliori, partner delle nostre imprese;
  • infine, un’impresa europea interessata a entrare in un Paese africano potrà offrire una borsa di studio a un giovane locale attentamente selezionato, che nel corso dell’MBA avrà il compito di reperire informazioni di mercato e di stendere il business plan l’impresa stessa. Un modo assai economico per vagliare le opportunità presenti in un Paese e, talvolta, anche per trovare un collaboratore da ingaggiare nella futura unità estera.

Un contributo speciale allo sviluppo delle relazioni Italia-Africa è stato il lancio nel 2018 dell’E4Impact Accelerator a Nairobi, un progetto finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, con la partecipazione di ENI. L’acceleratore ha la peculiarità di favorire lo sviluppo di imprese locali che operano nell’area di sovrapposizione tra le priorità dettate del Governo Keniota (The Big Four Agenda: manufacturing, universal healthcare, affordable housing, and food security) e le eccellenze italiane. Questo allo scopo di massimizzare le opportunità di partnership tra le aziende dei due Paesi.

A partire da questo contesto – per così dire – ben arato, sempre nel 2018 E4Impact ha stipulato con Confindustria un Protocollo d'intesa (“Insieme per l'Africa: partenariato privato-privato con le imprese africane”), a cui partecipano anche Fondazione San Patrignano e ITC (International Trade Center), agenzia fondata da ONU e WTO.

Il progetto innova radicalmente l’approccio all’Africa. Nella prassi consolidata si parte dalla presentazione alle nostre imprese delle generiche opportunità esistenti in un Paese, per poi effettuare una missione in loco. Con “Insieme per l’Africa” la singola impresa italiana accede immediatamente a un database di aziende africane attentamente selezionate e classificate per settore e per Paese; una volta identificato un potenziale partner, l’impresa si rivolge a E4Impact per stabilire i primi contatti con esso.  

Il progetto pilota, realizzato a cavallo tra 2018 e 2019, ha comportato, sul versante africano, l’identificazione di un primo portafoglio di imprese locali (valorizzando quelle coinvolte nell’Acceleratore e negli MBA di E4Impact) e, sul versante italiano, un road show di presentazione dell’iniziativa, animato dal Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia e da quello di E4Impact Foundation, Letizia Moratti. Già oltre 50 imprese italiane hanno manifestato il proprio interesse, avviando relazioni che vanno dalla semplice attività di mentorship verso il business africano, alla messa a punto di partnership. Da poco è stata avviata la seconda fase, che prevede un incremento esponenziale delle imprese coinvolte. Un appuntamento importante sarà Connext, l'incontro nazionale di partenariato industriale di Confindustria che si terrà a Milano nel febbraio 2020. In quella sede, si conta di portare un numero significativo di imprese africane per organizzare una serie di incontri B2B con i potenziali partner italiani. 

Conclusioni

Chiarito il contesto di opportunità imprenditoriali presenti in Africa, in questo contributo si è inteso accennare a due progetti, tra loro interconnessi, che presentano un fondamentale vantaggio: quello di essere già operativi.. Puntare sulle risorse, umane e non, presenti nel continente africano; lasciare alle spalle la logica dell’aiuto per sposare a tutti i livelli (sia imprenditoriale, sia accademico) quella delle partnership; avere come criterio informatore dell’azione la sostenibilità: questi i pilastri di queste iniziative di collaborazione tra Europa e Africa che in futuro meritano di essere scalate dimensionalmente, estese ad altre discipline e, possibilmente, assunte e supportate dalle istituzioni europee.

1 Marzo 2019
di
Roberto Ridolfi - Coordinatore del Forum Africa