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Nuovi passi avanti verso una difesa federale europea

di Domenico Moro

Questi ultimi mesi hanno visto un ulteriore impulso verso l’istituzione di una cooperazione strutturata permanente (PESCO) nel settore della difesa europea. Facendo seguito alle iniziative avviate nel corso del 2016 e dei primi mesi di quest’anno, il Consiglio europeo del 22-23 giugno, nelle sue Conclusioni, ha concordato “sulla necessità di avviare una cooperazione strutturata permanente (PESCO) inclusiva e ambiziosa. Entro tre mesi gli Stati membri redigeranno un elenco comune di criteri e impegni vincolanti, in piena conformità dell'articolo 42, paragrafo 6, e dell'articolo 46 del TUE, nonché del protocollo 10 del trattato – anche in considerazione delle missioni più impegnative – con un calendario preciso e specifici meccanismi di valutazione, al fine di consentire a quegli Stati membri che sono in condizione di farlo di notificare senza indugio l'intenzione di partecipare”.

Il 21 luglio scorso, ben prima di quanto previsto dal Consiglio europeo, i Ministri della difesa di Francia, Germania, Italia e Spagna, sostenuti dai Ministri della difesa di Belgio, Finlandia, Olanda e Repubblica Ceca, hanno inviato una lettera a tutti i Ministri della difesa dell’UE ed all’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza, con delle proposte relative all’elenco dei criteri e impegni vincolanti che devono essere sottoscritti dai paesi che decideranno di avviare la PESCO (Proposals on the necessary commitments and elements for an inclusive and ambitious PESCO). Uno dei punti più significativi delle proposte riguarda l’integrazione nella PESCO delle principali iniziative multinazionali avviate dai paesi UE, quali Eurocorps (Belgio, Francia, Germania, Portogallo e Spagna), Euromarfor (Francia, Italia, Portogallo e Spagna), Eurogendfor (istituita da Francia, Italia, Olanda, Portogallo e Spagna nel 2003, cui si sono aggiunte Romania, nel 2008, e Polonia, nel 2011) e i membri UE delle strutture multinazionali MCCE (Movement Coordination Centre Europe), Atares (Air Transport & Air-to-Air Refuelling and other Exchange of Services) e Seos (Surface Exchange Of Services) che, oltre a comprendere i paesi UE già citati, includono il Lussemburgo e i paesi UE dell’Est europeo. È dunque verosimile che potranno aderire alla PESCO almeno 15 paesi, molti dei quali non fanno parte dell’eurozona. Il 7 settembre a Tallinn, nel corso di una riunione informale, i Ministri della difesa dell’UE si sono accordati sul modo di procedere verso la PESCO in vista di una decisione giuridica che dovrà essere adottata entro la fine del corrente anno.

Parallelamente a queste iniziative, assunte nel quadro delle istituzioni europee, anche i governi nazionali hanno insistito sull’avvio di una cooperazione strutturata permanente. Forte interesse ha suscitato il discorso che il Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha pronunciato alla Sorbona il 26 settembre. In quel discorso, a proposito della difesa europea, Macron, dopo aver affermato che “En matière de défense, notre objectif doit être la capacité d’action autonome de l’Europe, en complément de l’OTAN. Le socle de cette autonomie a été posé, avec des progrès historiques intervenus ces derniers mois. En juin dernier, nous avons posé les bases de cette Europe de la Défense; une coopération structurée permanente, permettant de prendre des engagements accrus, d’avancer ensemble et de mieux nous coordonner; mais aussi un Fonds européen de défense afin de financer nos capacités et notre recherche.”, ha aggiunto che “l’Europe devra ainsi être dotée d’une Force commune d’intervention, d’un budget de défense commun et d’une doctrine commune pour agir“. Il Presidente francese ha, quindi, sottolineato che ciò di cui ha bisogno l’Europa è una “capacità d’azione autonoma” e che questa, a sua volta, ha bisogno di risorse che la finanzino.

Che cosa intenda il Presidente francese per “forza comune di intervento”, viene chiarito dalla Revue stratégique de défense et de sécurité nationale 2017, diffusa il 13 ottobre. La revisione della strategia di difesa elenca le cinque funzioni della struttura militare francese: dissuasione (nucleare), protezione, intelligence, prevenzione e intervento. Le funzioni su cui viene esplicitamente previsto un approccio europeo sono “prevenzione” e “intervento”, per missioni al di fuori dei confini dell’UE, su mandato dell’UE o dell’ONU. La struttura militare europea, in prospettiva, si articolerebbe su due livelli, similmente al modello federale americano della “dual army”: le risorse PESCO sarebbero impiegate per le operazioni di prevenzione ed intervento esterne e le rimanenti risorse militari per la difesa domestica in senso stretto.Il punto da chiarire riguarda il finanziamento di queste missioni e il perimetro dei paesi che possono parteciparvi, che non riguarderebbe solo i membri dell’eurozona, ma anche quelli che non ne fanno parte, come la Repubblica Ceca, che ha sostenuto la lettera dei quattro ministri della difesa di cui si è parlato sopra, e i paesi delle iniziative multinazionali prima ricordate.

Il Presidente Macron, nel suo intervento alla Fiera del libro di Francoforte, il 10 ottobre, si è chiesto «Si on est prêt à mettre en commun notre sécurité, notre numérique, notre énergie, notre politique migratoire, notre lutte contre le terrorisme, alors il faut m’expliquer qui est prêt à faire tout ça, mais à dire moi le budget de la zone euro je n’en veux pas». Con questa affermazione viene stabilito un legame diretto tra risorse aggiuntive e fornitura di beni pubblici europei e si chiarisce che, se si vuole andare avanti verso un bilancio dell’eurozona, è necessario promuovere delle politiche europee. Il punto che Macron deve ancora risolvere è come si possa istituire un bilancio di questo tipo, geograficamente circoscritto, se la PESCO include anche paesi che non fanno parte dell’eurozona. Juncker, con il suo Discorso sullo stato dell’Unione 2017 aveva fornito una via d’uscita quando ha detto “Non abbiamo bisogno di strutture parallele. Né abbiamo bisogno di un bilancio per la zona euro; quel che serve è una forte linea di bilancio nel bilancio dell'UE”. Istituire un capitolo di spesa di questo tipo – il fatto che sia dell’eurozona, ma dentro il bilancio UE, offre ulteriori margini di flessibilità – in grado di finanziare beni pubblici europei a favore di cittadini europei che fanno parte dell’eurozona o meno, sembra dunque la via più adeguata. Essa è anche la soluzione che, in una fase di forti lacerazioni aperte dalla Brexit e dal referendum catalano sull’indipendenza, darebbe il segnale di un’UE compatta e che vuole andare avanti, sia pure con scansioni temporali diverse.

Il Consiglio europeo del 19 ottobre scorso ha dedicato una parte delle sue discussioni ai progressi in materia di PESCO. Nelle sue Conclusioni esso “rammenta le sue conclusioni del giugno 2017. Si compiace dei notevoli progressi conseguiti dagli Stati membri nell'elaborazione di una notifica in materia di cooperazione strutturata permanente (PESCO) con un elenco comune di impegni, nonché in materia di governance PESCO. Esorta gli Stati membri in grado di farlo a notificare rapidamente al Consiglio e all'alto rappresentante la loro intenzione di partecipare alla PESCO. Ciò permetterebbe di avviare la PESCO entro la fine dell'anno, con l'obiettivo di attuare rapidamente gli impegni, compreso il lancio dei primi progetti”. Nulla sembra ancora scontato, e vi è una grande responsabilità da parte di paesi che più si sono esposti in questa direzione e che devono mantenere ferma la direzione di marcia e, soprattutto, il rispetto del calendario. La successione degli eventi, a partire dalla presentazione della Global Strategy for the European Union da parte dell’Alto Rappresentante Federica Mogherini, è comunque impressionante e costituisce, ad oggi, la vera risposta alle spinte nazionalistiche e populistiche.

* Membro del Consiglio Direttivo del Centro Studi sul Federalismo (coordinatore dell’Area Sicurezza e Difesa)